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Channel: Recensioni – Telefilm Addicted
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Shameless 8×05 – La Chiesa Della Discordia

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Bentornati con una nuova puntata di “Shameless”!

Iniziamo subito con la storyline di Lip, perché non vedo l’ora di poter dire che avevo ragione. Nella scorsa recensione avevo detto che la situazione del figlio di Brad puzzava di tragedia lontano un miglio: devo aggiustare un po’ il tiro con il mio intuito, dato che pensavo che l’imminente disastro si sarebbe abbattuto direttamente sul piccolo Miles, ma nel complesso posso dire di aver avuto ragione. Tutto lo stress accumulato ha fatto ricadere Brad nei suoi vecchi vizi. Ormai sembra il percorso stabilito di tutte le figure paterne di Lip – quasi non verrebbe da stupirsi che anche il ragazzo abbia seguito la stessa strada. Prima Frank, ovviamente, poi Youens e adesso anche Brad: tutti uomini che si sono persi, che tendono ad autodistruggersi e che lo allontanano nel momento del bisogno. Fa male vedere uno come Brad, che ha lottato tanto per uscire dalla sua dipendenza e che ha ripetuto a Lip per tutto l’episodio di trovarsi un altro sponsor, forse più consapevole di quanto volesse ammettere di essere sul punto di crollare, cadere così rovinosamente; ma fa ancora più male vedere Lip respinto per l’ennesima volta con quella frase “non sono tuo padre” che colpisce esattamente nel punto in cui è più vulnerabile. A maggior ragione ora che ha manifestato di volere qualcosa di più dalla vita, di essere pronto a superare tutte le sbandate e gli eccessi per sistemarsi e adagiarsi in una vita “borghese”. Ammetto che mentre scorreva il telefono in cerca del numero di Sierra, io continuavo a pensare a Mandy: forse quel treno è passato, ma il mio cuore di shipper non si arrende e continua a pensare che un giorno si ritroveranno – e con i loro trascorsi, con tutto quello che le loro famiglie hanno fatto passare loro, con tutte le responsabilità di cui si sono sempre dovuti fare carico, credo che non ci sarebbero genitori migliori di loro. Non posso che sperare che Brad sia sano e salvo da qualche parte, altrimenti temo forti ripercussioni su tutto il percorso fatto da Lip fino ad ora.

Questa settimana le storie di Ian e Fiona si sono incrociate. Per gran parte dell’episodio mi sono chiesta come cavolo facesse Fiona a non sapere del rifugio di Trevor e più la vedevo insistere, più prendevo coscienza che entro la fine saremmo arrivati allo scontro. Fiona ha perfettamente ragione e rimane coerente con il suo percorso: è e rimarrà sempre una ragazza del South Side, per cui conosce molti dei disagi contro cui sta lottando, ma se vuole avere successo non può permettersi errori; non può permettere a nessuno di ostacolarla, nemmeno al fratello. Ian, d’altra parte, ha senza dubbio un intento nobile e non parlo solo di infilarsi nei pantaloni di Trevor: sta aiutando delle persone, in un certo senso sta continuando quel percorso di evoluzione personale che ha intrapreso quando ha iniziato la sua carriera come paramedico; è innegabile che fare del bene agli altri aiuti Ian a fare del bene a se stesso e a tenere sotto controllo la sua malattia. Entrambi hanno fatto dei piccoli sacrifici in questa puntata, Fiona piegandosi a chiedere aiuto alla ragazza di Nessa e Ian “concedendo i suoi favori” all’uomo conosciuto al locale di spogliarelli, per cui non me la sento di propendere per l’uno o per l’altra. Certo è che vedere i fratelli Gallagher litigare tra loro non è mai una cosa piacevole.

Frank è entrato ufficialmente nei suoi quarant’anni e sta pian piano riprendendo alcuni dei suoi vecchi schemi. Nonostante questo, il suo personaggio continua a piacermi e apprezzo la strana complicità che si sta creando con Liam, senza contare che era dal primo episodio che volevo che qualcuno rimettesse al suo posto i perbenisti della scuola privata – ricordatevi: nessuno sfrutta un Gallagher! Pur continuando a comportarsi da impiegato del mese, sta riemergendo il suo lato anticonvenzionale e fuori degli schemi, utilizzando alcuni dei suoi vecchi trucchi di manipolazione per ottenere esattamente ciò che vuole, anche se stavolta i suoi desideri si spingono un po’ più un là del puro tornaconto personale, facendo in un certo senso del bene anche a Liam.

Anche Carl e Debbie hanno subito dei duri colpi questa puntata. Carl ha perso la borsa di studio per l’accademia militare ma si è dimostrato estremamente focalizzato nel tentare di rimettersi in piedi. Credevo che avrebbe tentato la strada facile, ricorrendo ai suoi vecchi agganci con la criminalità del quartiere, invece ho apprezzato che si sia dato al duro lavoro pur di racimolare il denaro necessario. Come spesso succede in “Shameless” anche le situazioni più borderline trovano il modo di strappare un sorriso e quel tossico rinchiuso in cantina per la versione Gallagher casalinga del rehab si è rivelato una miniera d’oro. Debbie, invece, all’apice della soddisfazione per la sua carriera scolastica e professionale, ha dolorosamente sbattuto la faccia contro il ritorno di Derek (che aveva tutt’altra faccia rispetto a quella che ricordavamo…). Come ho detto più volte Debs ha ancora tanta strada da fare, ma è da apprezzare il suo impegno sincero per migliorare la sua vita e quella di Franny: ci ha messo un po’ di tempo ma ora sta capendo le vere responsabilità che un figlio comporta e ha fatto assolutamente bene a non lasciare Franny con il padre. Derek è un ragazzino che ovviamente non desiderava la paternità, per cui posso capire la fuga, ma non giustifico la mancanza di interesse per la figlia; se vorrà fare parte della vita della piccola dovrà conquistarselo.

Infine la mia coppia preferita. Purtroppo Veronica è rimasta salda nelle sue decisioni per una sola frazione di secondo e, complice un Kevin totalmente assorbito dalla riscoperta delle sue origini, ha permesso nuovamente a Svetlana di farsi largo nella sua vita e nei suoi affari. Mi piace il personaggio di Lana ma non sopporto il modo in cui ha trattato i Ball, e, per quanto la situazione sia comica, non sono poi così felice che si sia tornati alla situazione della scorsa stagione. C’è talmente tanto amore in questa coppia che non riesco fino in fondo a comprendere perché Veronica senta l’esigenza di coinvolgere Lana nella sua famiglia – e anche da un puro e semplice punto di vista di trama, abbiamo visto come in queste prime puntata Kevin e Veronica riuscissero benissimo a dare spettacolo anche da soli, senza ricorrere al meccanismo della troppia.

Su questa piccola nota dolente vi lascio con la TOP 3 della settimana:
  • Lip alle prese con l’istinto paterno: la tenerezza dell’iniziare a volersi immaginare come padre ma anche i tentativi di mantenere salde le sue figure “paterne” di riferimento. E poi Jeremy Allen White con un bambino in braccio è una delle cose più dolci che si possano immaginare.

  • Il nuovo vecchio Frank Gallagher, perché mai avrei pensato di nominarlo nelle mie top 3 così tante volte eppure il suo personaggio continua a stupirmi piacevolmente.
  • Il collaudato metodo home made della disintossicazione merita comunque una menzione d’onore, anche solo per il fatto che in casa Gallagher sia convenzionalmente accettabile tenere per giorni uno sconosciuto legato nello scantinato.

Bonus: si tratta effettivamente di una scena breve e senza un significato preciso, ma ho adorato vedere Ian e Carl allenarsi insieme, perchè ancora una volta ha dimostrato che “Shameless” non dimentica il suo passato e che Ian è stato per molto tempo prima di Carl il cadetto di casa

Eccovi il promo della 8×06. Ricordatevi di passare a lasciare un like alla nostra pagina amica ed un commento all’articolo. Alla prossima!

SHAMELESS US ITALIAN PAGE

 

 


The Walking Dead 8×07 – Gratificante come uno Eugene attaccato ai maroni

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Ci avviciniamo sempre più al mid-season finale, dove generalmente The Walking Dead si gioca alcune delle sue carte migliori e, in quest’ottica, possiamo definire questo “Time For After” un buon preambolo. Quello che disgraziatamente sembra procedere per gran parte del tempo come un episodio Eugene-centrico (e Dio ce ne scampi e liberi perché non lo reggo, non lo reggo davvero… il suo esprimersi in maniera così articolata poteva far sorridere le prime trentordici volte, ma alla fine di quasi un episodio intero focalizzato su quel cazzo di Eugene volevo spararmi in bocca!) trova invece il suo punto di forza nelle parentesi che fanno da apertura e chiusura, ovvero quelle incentrate su Rick e i morti de fame della discarica.
Rick aveva fatto la figura del porchettaro la puntata scorsa, presentandosi con polaroid, paroloni da grande stratega e minacce e finendo di tutta risposta denudato in un container e, per la legge del contrappasso, all’inizio di questo episodio fotografato a sua volta legato e in mutande; sul finale si riprende un attimo riuscendo a piegare finalmente gli Scavangers al termine di una sequenza semi-action molto ben coreografata (Rick che mena a tutti in boxer entrerà negli annali al fianco di Ten che combatte un Sycorax a fil di spada in vestaglia e ciabatte), con tanto di successivi scambi di battute del tipo che io trovo sempre esilaranti tra lui e Jadis, che insiste nel voler inserire nell’accordo la clausola dello scolpirlo nudo… coff coff Jadis una di noi! coff coff.

Di tutta la parentesi Rick a ben guardare quello che funziona meno è il background della sua spedizione, ovvero il fatto che nel momento in cui ci fermiamo un secondo a razionalizzare quanto visto ci rendiamo conto che il tutto NON HA SENSO. Cioè, Rick si è precipitato alla discarica armato solo di buone speranze e una valigia piena di sogni… nel covo di un gruppo che gli ha fatto un voltagabbana che metà bastava, da solo e senza back-up, promettendo ritorsioni da parte dei suoi se non fosse tornato indietro! Gli Scavanger, come dicevo la settimana scorsa, hanno optato per il container, le polaroid e il wrestling col morto perché in fondo sono dei buontemponi, ma se avessero invece deciso di farlo fuori lì per lì e bon qual era realmente il piano? Qualcuno l’avrebbe vendicato? Certo, ma sarebbe rimasto il piccolo, trascurabile dettaglio che lui sarebbe comunque morto… ora ok che non sarebbe successo perché “lui è il protagonista”, ma il fatto che si butti nelle situazioni più assurde senza un minimo di protezione sembra fin troppo un adagiarsi sugli allori di essere intoccabile quando, tecnicamente, il personaggio all’interno di una storia non sa di essere il protagonista intoccabile dello show che noi seguiamo… non so se mi sono spiegata.
Funziona comunque la tensione creata nella parentesi di chiusura dell’episodio, in cui la realizzazione che il piano è stato mandato a puttane da Daryl crea un buon cliffhanger per introdurci al prossimo e ultimo episodio del 2017.

Daryl a cui l’unto dei capelli deve essere arrivato fin sotto il cranio intaccandogli la materia grigia: capisco l’incapacità di starsene immobili ad aspettare il corso degli eventi, ma il discorso che gli fa Michonne, per quanto un po’ artificioso, ha senso. Tutti i quattro della spedizione al Santuario si sono presentati lì perché avevano bisogno di vedere cosa stava succedendo con i loro occhi, tutti avevano bisogno di qualcosa che non fosse starsene con le mani in mano, ma l’idea di avere un piano che, per quanto in maniera estenuantemente lenta, sta procedendo come deve e mandarlo alle ortiche per pura smania (almeno questo è quello che traspare) è a dir poco folle!

E questo, insieme al piano semi-suicida di Rick di passare a fare un saluto agli amici della discarica, non è neanche la parte più inverosimile del tutto: ricordate i cecchini che dovrebbero tenere sotto scacco i Salvatori e farli fuori nel caso escano per sparare agli zombie sottostanti come tentativo di liberarsi la strada? Perché quando sul tetto c’è Eugene con l’i-pod volante nessuno spara? E non lo dico solo perché tra i cecchini di Alexandria lì fuori e Dwight che se lo tiene per qualche minuto nel mirino solo per poi desistere ho visto le mie speranze di liberarmi dell’inutile Eugene smorzarsi più e più volte: voi potrete pure dirmi che “ma no, non gli sparano perché lui era uno di loro”… NO, mi pare che a questo punto sia ormai chiaro che non lo è più. “Solo compagni di viaggio” li chiama tutti, e se gran parte dell’episodio sembra oscillare verso un possibile passo indietro di Eugene, capace di fare “la cosa giusta” e unirsi alla ribellione interna contro Negan, il suo insistere nel senso opposto sembra alla fine non lasciare più spazio a dubbi e voglio sperare che nessuno ad Alexandria pensi ancora di recuperarlo! Per assurdo, nonostante personalmente abbia trovato gran parte del suo minutaggio di un irritante che non può essere descritto, ho trovato il focus su di lui interessante da un punto di vista narrativo, perché la personalità di Eugene esce veramente fuori prepotentemente in questa puntata come quella dell’essere umano di più bassa lega a cui si possa pensare (e se lo dice pure da solo!). Questa gente esiste, non siamo tutti eroi a questo mondo, esiste anche gente così vigliacca non solo da evitare gesti eroici e disinteressati nei confronti di altri e stagnare invece in un’indifferente passività, ma da passare addirittura dall’altra parte della barricata e compiere gesti deprecabili pur di mantenere se stessi al sicuro. Questo è quello in cui si sta trasformando Eugene, è Negan a tutti gli effetti, e quello che detesto di più di lui è che, a un certo livello, penso che non lo sia più neanche per mero desiderio di sopravvivenza ma perché crede sinceramente a Negan e alla vocazione dei Salvatori. E se il suo tentennare nei confronti di Dwight è un modo degli autori di farci credere in un briciolo di buon senso rimasto in questo personaggio, io la vedo in modo del tutto diverso: se non rivela a Negan che è Dwight la spia lo fa semplicemente perché è un vile codardo che non alzerebbe mai la cresta in presenza del diretto interessato, solo alle spalle, non quindi per reale lealtà nei suoi confronti (anche se, a dirla tutta, gli deve anche la vita visto che la scelta –discutibile– di non sparargli sul tetto quando poteva non era affatto scontata: Dwight sta diventando uno dei personaggi più interessanti da seguire, senz’altro in mano a un ottimo interprete che ci sta regalando il ritratto di un personaggio coraggioso, in rotta con il passato e apparentemente guidato ora da motivazioni fondamentalmente giuste… a cui Eugene dovrebbe solo pulire le scarpe).

Dopo questo infinito rant contro l’inutile Eugene vi do appuntamento alla settimana prossima, dove vedremo se i Salvatori faranno finalmente qualcosa di attivo invece di starsene seduti a grattarsi la pancia anziché elaborare piani concreti per liberarsi dall’assedio dei morti (o se lo fanno a noi non è dato saperlo, da quello che vediamo l’unico che almeno prova a prendere in mano la situazione è… già, lui, sempre l’inutile Eugene).
In attesa del mid-season finale vi aspetto qui sotto nella sezione commenti per scambiarci pareri e aspettative sul prosieguo di questa stagione, vi invito inoltre come sempre a fare un salto dai nostri amici di

The Walking Dead ITA
Andrew Lincoln Italy
Jeffrey Dean Morgan Italia

per rimanere sempre aggiornati sullo show e i suoi interpreti.
Alla prossima!

The Good Doctor 1×10 – Midseason finale con il botto (due, anzi)

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Puntata intensissima e densa di eventi, quella che ci congeda da The Good Doctor per il periodo invernale. E se da un lato mi aspettavo qualche evento drammatico nella migliore tradizione dei mid-season finale, dall’altro non avevo previsto che i twist fossero su più fronti (e che fronti!). Non solo è una puntata che mette molta carne al fuoco, e che quindi apre molteplici possibilità narrative per il futuro, ma imposta tematiche ampissime e ahimè molto attuali, analizzabili su più piani interpretativi.

Entriamo quindi subito nel merito di quanto avvenuto.

Il meltdown di Shaun
Lo attendevo dall’inizio della stagione, ma, sopratutto, era evidente come fossimo inesorabilmente indirizzati verso un’esplosione in piena regola.
Esplosione che, come è ben evidente, è stata metodicamente costruita nelle puntate più recenti e quindi è contestualizzata e organica. Non arriva dal nulla solo per creare pathos o il temuto/ovvio cliffhanger.
Shaun è un ragazzo autistico, la cui vita, agli esordi della storia, accelera in modo brusco, portando con sé cambiamenti che, io credo, metterebbero in crisi qualsiasi ragazzo che si trasferisce in una città nuova per iniziare un tirocinio in chirurgia. Nuova casa, nuovo ambiente, nuovo lavoro, nuovo tutto. Aggiungiamo orari stressanti, competizione, responsabilità, contatto concreto e ininterrotto con la malattia e il dolore, che diventano reali e non solo studiati sui manuali. Non dimentichiamo inoltre le sue limitate skills sociali, la disapprovazione esterna e il dover dimostrare continuamente di essere una valida aggiunta allo staff, pur essendo a tutti gli effetti più che idoneo e anzi superiore allo studente medio. E, in ultimo, la pressione sempre crescente operata dal dotto Glassman che, nell’impeto mal indirizzato di aiutarlo a stare meglio, ha fatto saltare il tappo e debordare un mix di emozioni diventate ingestibili. Il meltdown è servito.

Ho letto nel frattempo un’ipotesi che secondo me spiega al meglio il motivo per cui il medico abbia iniziato a opprimere Shaun in modo intollerabile per chiunque (io per prima mi sarei sentita soffocare davanti a un tale atteggiamento di accondiscendenza che nascondeva malamente una irritazione crescente), e cioè il senso di colpa per non aver aiutato abbastanza Shaun, perché fosse in grado di gestire meglio il tentativo di rapina in cui si è trovato coinvolto. Si sente quindi responsabile e, soprattutto, inadatto a fargli da mentore perché, di fatto, i suoi insegnamenti non gli hanno impedito di mettersi in pericolo. Mi sembra una spiegazione che mette pace ai miei interrogativi, perché io avevo inveve legato il cambiamento alla consapevolezza di averlo protetto troppo e di non trattarlo alla stregua di qualsiasi tirocinante che fa le sue esperienze e impara dai suoi errori. Non sapendo che cosa è successo alla figlia, ipotizzo che il senso di insicurezza sulla sua incolumità possa derivare anche dal trauma vissuto con lei. In ogni caso, niente giustifica lo stargli addosso in modo tanto molesto e asfissiante. Può così dire “bastava che mi dicessi di no”, come se Shaun non lo avesse fatto decine di volte nelle ultime settimane e lui gli avesse mai dato retta! Ci credo che è costretto a nascondersi, non gli dava nessuno spazio di azione e non accettava che lui avesse opinioni diverse. Mancavano giusto gli agguati in un vicolo buio e le aveva provate tutte! Non facciamo passare Shaun per quello che ha “reazioni eccessive”, quando non ha avuto scampo!

A mettere altra benzina su un sistema prossimo all’esplosione ci pensa il paziente di cui Shaun si occupa in questa puntata che, in assoluta buona fede, spinge Shaun a prendere coscienza del proprio “potere personale”. A me è piaciuto molto il modo in cui è riusciuto a legare istantaneamente con Shaun, a capirlo e riuscire a connettersi con lui in un modo che io definirei “empowering” per Shaun stesso. Lo tratta con spontaneità, genuino interesse e gli dà consigli che hanno lo scopo di toglierlo dal ruolo marginale in cui lo vede relegato. Su questo avrei qualcosa da ridire, perché il dottor Melendez ha progressivamente dato sempre più credito alle teorie di Shaun, affidandosi a lui. Non vedo in atto un atteggiamento da “due pesi e due misure” da parte di Melendez nei confronti di Shaun e Jared, se non quello ormai superato dell’inizio. Lo stesso Jared non tenta di rubargli l’idea, ma gli dà il legittimo “credit”. I suggerimenti che il paziente elargisce sono ottimi, ma devono essere metabolizzati e contestualizzati e devono inserirsi su un substrato di consapevolezza un po’ più radicata. Su Shaun, già appesantito da stress e carichi emotivi, hanno un effetto esaltante che non sa gestire perché, soprattutto, non ha nessuno che sappia consigliarlo in tal senso. Lo mandano allo sbaraglio.

L’esplosione dunque arriva e io l’ho trovata realizzata in modo eccellente. Shaun è sempre più nervoso e a un passo dall’attacco di panico e noi protesi verso lo schermo a chiederci come sia mai possibile che il dottor Glassman non se ne renda conto e continui senza un ripensamento e spingerlo verso il punto di non ritorno?! È normale che perda il controllo e che non sia in grado di gestire un carico sensoriale che ha raggiunto livelli di emergenza. È normale che abbia reazioni violente e che scappi non sappiamo dove. Per quanto Shaun sia stato in grado di fare moltissimi progressi nell’affrontare gli input esterni, con buona volontà e impegno, non può sopportare tutto, anche perché è stato lasciato a se stesso e l’unica figura di riferimento si è rivelata essere, nella pratica, il suo persecutore, anche senza volerlo.

Le molestie subite da Claire.
[Un piccolo inciso per dire che nel week end ho scovato l’attrice che interpreta Claire, Antonia Thomas, in una deliziosa commedia british su Netflix, “Lovesick” che ho adorato. Lei poi è bravissima in entrambi i ruoli!].
Tema quanto mai attuale, dicevamo, quello delle molestie. Claire subisce un atteggiamento inappropriato e non professionale da parte di un superiore un po’ troppo invadente fisicamente, e decisamente troppo amichevole. Come sempre, siamo davanti a una disparità di potere che rende Claire, come donna e sottoposta, l’elemento più vulnerabile. Lei però reagisce con forza e, senza che la cosa stupisca nessuno, finisce per ricevere biasimo e accuse da chi è invece dalla parte del torto. Ha reagito troppo male, se la prende per niente, è stata troppo gentile, in fondo è una che queste cose le fa (andando a letto con Jared), è normale che poi un uomo pensi di fare di tutta l’erba un fascio, giusto? No, ovviamente. Non è giusto. Sentite anche il voi la stessa rabbia di fronte al solito ritornello maschilista? Bene.

A peggiorare le cose, e approfondire la dinamica su un altro livello, sempre molto realistico, c’è il fatto che Claire, resasi conto del pericolo, ha di fatto chiesto aiuto a chi pensava che potesse offrirglielo, cioè Jared e Shaun. Nessuno di loro l’ha volutamente infilata nella tane del leone, sono sinceramente affezionati a lei, ma nessuno di loro ha capito la gravità della situazione. Le hanno fatto credere che stava reagendo in modo spropositato!! Ecco esposto uno dei motivi per cui le donne non denunciano: perché temono di non essere credute. O perché, come fa notare Claire, essere quella che denuncia un superiore le renderebbe l’ambiente ostile, perché verrebbe vista come quella difficile o che crea problemi. È un gatto che si mangia la coda, come sappiamo bene. Quindi è facile dire “potevi dire di no”. Lo sarebbe, se qualcuno ascoltasse e non sminuisse.

Anche paziente di Claire partecipa al dibattito, dal momento che è finita in ospedale per aver cercato di modificare la sua forma fisica, migliorandola rispetto a quelli che sono ideali e pretese prettamente maschili e sessisti. E il tutto per continuare a lavorare in un modo dominato da regole accettate nei secoli dei secoli. Del resto la cultura è intrisa di sessismo, non ha nessun senso andarsene altrove, come suggerisce la sorella della paziente, ingenuamente. Sono riflessioni molto realistiche indubbiamente, ma anche molto amare, quelle che trapelano dalle storie di questo episodio.

La vicenda si complica in un modo che a me, onestamente, è piaciuto poco. Jared prova a risolvere la situazione andando a fare l’uomo delle caverne che difende a suon di pugni la principessa indifesa, venendo licenziato in tronco (giustamente). Il dottor Coyle non subisce nessuna punizione, da quel che vediamo. Per Claire quindi il problema si ingantisce, perché la faccenda non è stata risolta (il medico potrà continuare a molestare lei o altre donne) e si sentirà in colpa per aver, in qualche modo, causato l’allontanamento di Jared, oltre a provare una legittima rabbia che spero non venga sepolta da altre emozioni più urgenti (paura e rimorso). Non mi è piaciuto perché si è spostata l’attenzione su Jared e non sulla molestia in sé, per la quale nessuno ha preso provvedimenti.

In ultimo, vorrei sottolineare come la storia d’amore tra Jess e il dottor Melendez sia stata gestita sempre in modo tanto tiepido da farmi quasi dimenticare che stanno insieme. Non so se dovessimo tifare per loro e si è quindi sbagliato tutto fin dall’inizio (dubito) o se questa prevedibile rottura che vedo all’orizzonte serve per mescolare le carte, perché quando ci si concentra su di loro a me pare quasi il compito da portare avanti una puntata sì e due no e che questi due siano stanchi dell’altro ancora prima di cominciare. Sarebbe interessante capire se Jess non intende avere figli per la sua esperienza personale (visto che sappiamo che stava sempre a casa del dottor Glassman e figlia) o per via di quel che è successo all’amica?

Rimangono moltissimi interrogativi aperti, come è giusto che sia: Jared se ne è andato per sempre? Shaun è davvero fuggito o ha chiesto aiuto magari a Lea, che in puntata non abbiamo visto? Shaun potrà tornare a lavorare in ospedale o ci saranno conseguenze per il suo gesto? Del resto anche lui ha colpito un superiore e dovrebbe subire le medesime conseguenze di Jared, a meno che non ci siano attenuanti. Spero che il dottor Glassman approfitti degli eventi per fare un necessario esame di coscienza per capire le sue responsabilità.

Tre momenti top della puntata:

  • Tutta la vicenda personale del paziente di Shaun. Condivisibile o meno, è un modo molto coraggioso di vivere la propria vita assumendosene la responsabilità fino in fondo, senza lamentele
  • L’incontro tra Shaun e l’uomo che si occupa di fare le pulizie, a cui Shaun chiede se la sua vita abbia avuto senso. Una risposta piena di calore che ci riporta con i piedi per terra
  • La parte del meltdown di Shaun che, io credo, meriterebbe un premio per come è stata recitata da entrambi gli attori

Alla prossima!
– Syl

The Flash 4×09 – Tesoro, hai cambiato taglio di capelli?

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Anche quest’anno è arrivato il winter finale. E che winter finale!

Nella perfetta apoteosi del contrasto fra razionale e emozionale, il team Flash è stato costretto a scegliere fra due dei suoi membri nella speranza di salvarne almeno uno dalle macchinazioni di un DeVoe che si sta rivelando odioso più di tutti i villain che lo hanno preceduto.

Savitar e Zoom terrorizzavano ma The Thinker si sta facendo veramente odiare.

Come un burattinaio, DeVoe continua a tessere le trame delle sue macchinazioni in vista di un fine – l’Enlightment – che non ci è ancora ben chiaro ma che la moglie inizia a non condividere più del tutto. L’idea di riavere il marito con l’aspetto di qualcun altro (a parte avermi ricordato tantissimo Melissa Gordon di “Ghost Whisperer”) ha incrinato quella sicurezza nel piano che la donna manifestava fino a poco tempo fa. Mi chiedo se questa incrinatura nell’atteggiamento di The Mechanic avrà ripercussioni sul futuro della coppia, in primis.

Perché bisogna riconoscerlo, in un gioco di paralleli con i Westallen (entrambi innamoratissimi, entrambi partner, entrambi uniti in gioia e dolore, l’uno supporto dell’altro etc) , gli sceneggiatori ci hanno regalato una coppia villain che di autentico ha tutto e che nelle scene domestiche potrebbe persino farci tifare per il loro amore.

La sofferenza di un matrimonio in cui uno dei due sposi è affetto da una malattia terribile quale è la sclerosi multipla, la lotta quotidiana con le mille ferite emotive che infligge e la forza disperata di averla vinta contro un nemico che sembra imbattibile, stanno rendendo DeVoe uno dei cattivi più controversi che la serie abbia scritto. Da un lato vorremmo vederlo sconfitto, dall’altro non possiamo non renderci conto che sconfitto – dalla vita e della sua hybris – lo è già.

Ed è per questo che la scelta di trasmigrare il proprio super cervello in un corpo nuovo, più sano, è il definitivo giro di boa che consacra il “Troppo” del suo personaggio, un Troppo che sconvolge anche la moglie.

Creando un parallelo con la storia di Henry Allen, anche Barry è incastrato per un omicidio che non ha commesso. Finché non ci spiegheranno cosa sia l’Enlightment, non ci sarà tuttavia comprensibile PERCHE’ si sia reso necessario mandare Barry in carcere o costringerlo a rivelare al mondo la propria vera identità. Resta però la consapevolezza che, tanto per cominciare, il caso è pieno di buchi….

Es. di buco numero 1: voi vedete la sedia a rotelle? Barry avrebbe sollevato di peso Clifford Devoe e lo avrebbe pugnalato?

inoltre, nessun omicida è così pirla da uccidere una persona e poi tenersela in casa attendendo la polizia, speriamo che Cecile torni in tempo dal viaggio per farsi valere in aula e dimostrare al mondo che Barry è innocente. Sempre che Barry non decida di rendere pubblica la propria identità segreta.

O per lo meno è questo che il promo della prossima puntata vorrebbe farci credere…

Non sono disprezzabili nemmeno le trame minori della puntata: dal ruolo di leader di Iris messo alla prova da un’ardua scelta, alle paure di Cisco e Caitlin e al desiderio di Ralph di entrare a far parte di un gruppo. Sono state tutte piccole pennellate che hanno comunque concesso ai singoli personaggi di evolvere, anche di poco, rispetto alle posizioni originarie.

Ma più di tutto, è stata la rivelazione che il rapimento di Cait e quello di Barry fossero collegati a rendere il fattore sorpresa interessante. Per un popolo come il nostro di telefilm addicted, è sempre più difficile rimanere sorpresi ma è comunque apprezzabile quando riescono a farci esclamare anche solo un: «Ah, interessante!».

Mentre rileggevo, mi sono resa conto di una cosa: com’è che Caitlin riesce sempre ad interessarsi a persone che non sono quello che dicono? E che diamine!

Molto bello anche l’intervento di Amunet Black e le sue interazioni con Caitlin. In qualità di villain ricorrente, Amunet mi sta piacendo molto anche se mi fa sempre molto ridere vederla andare in giro con un secchiello pieno di metallo.

Il Tweet del recensore

 

Momento Top Il Pensatore e il suo piano machiavellico. Veramente scaltro. Non vedo l’ora che lo sconfiggano.

Momento Flop La repentina fiducia in se stessa di Caitlin che è passata da «io quello shrapnel manco lo tocco» a «Jenga!» nell’arco di cinque minuti.

Momento Top Il «Barry don’t run» finale che rimanda al «Run! Barry, Run!»

Momento Flop Mi mancherà Neil Sandilands: questo nuovo viso, più giovane e macho, non mi ha entusiasmato. Poco il carisma che da ad un personaggio che per ora è stato scritto decisamente bene.

Noi ci diamo appuntamento al 16 gennaio con tante domande senza risposta e una recensione di questa prima parte della stagione decisamente positiva: considerato il tipo di prodotto, il tipo di pubblico di riferimento, le stagioni passate, The Flash quest’anno sta lavorando molto bene. Nell’arco di 9 puntate abbiamo visto i personaggi crescere, la trama infittirsi quel tanto da lasciarci con la giusta attesa per l’anno prossimo ma soprattutto abbiamo un cattivo che ha mantenuto le promesse. Non resta che augurarci che continui così anche nel 2018.

Prima di salutarvi, vi ringrazio per aver letto le mie recensioni di questa prima parte della stagione e vi invito caldamente a lasciarmi i vostri commenti in calce così da poter leggere altre opinioni oltre alla mia.

Vi ricordo inoltre le bellissime pagine dedicate alla serie tv ma non solo.

Arrow e The Flash

»Cisco Ramon

The Flash Italian Fans

There’s no Flash without Iris West

You make me emotional Grant Gustin

 

Will & Grace | Di Natali passati, immigrate e marinai

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Questa settimana è tornato, seppur soltanto per un breve speciale di Natale, il nostro amato Will & Grace. L’intero episodio ha permesso ai protagonisti, complice un impiegato del museo dell’immigrazione un po’ troppo zelante, di rivisitare la storia di una procace Irlandese (interpretata ovviamente da Megan Mullally) alle prese con un padrone di casa crudele e sessualmente represso e con un inquilino decisamente confuso.

Essendo l’episodio quasi completamente scollegato dalla trama principale, mi limiterò più che altro a una serie di veloci considerazioni in ordine sparso:

  • Il fatto che i quattro, nonostante i tentativi ostentati di Karen di negarlo, considerino il loro gruppetto come una vera e propria famiglia, al punto da aver istituito la tradizione di trascorrere insieme la notte della vigilia mi ha ricordato uno dei motivi per cui ho sempre amato questo show. Nonostante i dissapori, nonostante le pretese di insofferenza, nonostante gli anni che passano un po’ impietosi per tutti, la loro amicizia è sempre lì, una costante assoluta e adamantina ed è una cosa che adoro.
  • L’incursione nel passato mi ha fatto in alcuni punti sorridere, ma nulla di più e l’episodio è stato tutto sommato sotto tono rispetto a quelli che l’avevano preceduto (c’è da dire, però, che dopo “Rosario’s Quinceanera” nulla avrebbe potuto sembrarmi anche solo vagamente all’altezza).
  • Jack nel ruolo del marinaio bi-curious mi ha fatto scompisciare, così come il rapporto un po’ strampalato di Karen con la sua (mal)nutrita prole, compreso l’immancabile Smitty e la sua gamba di legno.
  • Mi è piaciuto molto il personaggio di Fanny, una donna all’avanguardia aperta a tutte le possibilità racchiuse nel progresso e coraggiosamente disposta a battere vie fino ad allora inesplorate (e sì, fate poco gli spiritosi, che quello che ha pucciato per la prima volta un Oreo nel latte ha dato veramente il via a una rivoluzione culturale).
  • La comparsata di Beverley Leslie nei panni del venditore di giornali ovviamente eterosessualissimo e con un addetto alle vendite con cui intrattiene un rapporto puramente professionale, come sempre, è stata una gradita ciliegina sulla torta.

Un piccolo antipasto in vista del più corposo ritorno agli inizi di Gennaio, per quella che sarà la seconda parte di questa nona esilarante stagione. Vi aspetto quindi nell’anno nuovo per continuare a seguire le avventure di questo strampalato quartetto!

Blindspot | Una terza stagione che stenta a decollare

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Siamo già alla quinta puntata di questa terza stagione di #Blindspot, e onestamente la mia voglia di vedere cosa succede è paragonabile alla voglia che hanno i vari siti di sub di tradurla… praticamente nulla, considerando che la puntata va in onda il venerdì notte e arriva subbata se va bene la domenica sera (la première era già presente il sabato pomeriggio/sera, e ho detto tutto).

Ma, devo essere onesta, nonostante la trama sia semplicemente troppo povera (e piena zeppa di roba trita e ritrita) ci sono alcune cose che non sono proprio malaccio:

1. Patterson e Tasha super team all’assalto (digitale). E sì, loro sono proprio bellissime e in gamba, e no, non parlo del loro nuovo look (capello lungo per P. e un corto molto chic per T.), ma del fatto che, nonostante tutto, loro sono rimaste unite, sono forse le uniche rimaste “affiatate” del gruppo, visto che Reade si è messo sul gradino più alto così giusto per fare scena, e Weller e Jane beh, loro si sono sposati e ormai fanno squadra a sé. Ebbene in mezzo a tutto questo P&T seguono le loro piste, fanno le loro ricerche e sospettano di tutti, mettendosi contro tutti; tutti tranne Weller e Jane che tanto vivono nel loro mondo fantastico (nel senso di non reale, non di meraviglioso) fatto di drammi, cibo vegano e pannolini mancati.

2. Le incursioni random di Roman che non si sa mai dove sia (da Instagram Luke ci dà un grosso indizio… Sagrada Familia…), ma che riesce sempre a non farsi sgamare ed è più tecnologicamente intelligente e dotato (di mezzi) di Patterson e dell’FBI; e io così:

Ma meno male che Roman c’è, quindi va bene tutto; e poi in questa stagione sembra essere davvero sempre un passo avanti a tutti, sembra aver organizzato finalmente uno spettacolo interessante (se e quando arriverà… io ancora ho delle ragionevoli riserve) e quindi per me pollice in su per lui e la sua presenza/storia/comparsata/whatever.

3. La presenza di intrighi e storie buttate lì a spizzichi e bocconi perché le cose buone vanno consumate lentamente… speriamo però che non si logorino. E con questo mi riferisco ovviamente alla storia della morte di Stuart, del coinvolgimento di Reade (prima) e della Hirst (poi) a infittire il mistero di chi ci sta prendendo per i fondelli, fino ad arrivare ai nuovi tattoo di Jane, al suo essere diventata madre e a Roman che cambia identità. Un bel puzzle davvero. MA IO HO SERIAMENTE PAURA.

E poi ci sono le cose che anche NO, GRAZIE:

1. Personaggi che vengono (di cui faresti anche a meno e il perché della loro presenza è avvolto nel più totale mistero) e altri che scompaiono nel nulla quando la loro presenza nella puntata crea comunque delle situazioni piacevoli donando brio e destando interesse (Rich.com parlo di te).

2. Tutta la storia di Jane incinta, per ora per me è un grande NO. Ma dai, davvero, ma si può? Jane è entrata nell’esercito per scappare da Shepherd perché questa le aveva tolto la sua bambina? Per cortesia, speravo in qualcosa di meglio.

Vero che sono le parole di Roman però perché dovrebbe non essere così? In più, parliamone: Weller si trova in un hotel a caso di Berlino e GUARDA CASO c’è lì pure la figlia di Jane che ovviamente cerca Jane… e che fine ha fatto?!? Perché non ha seguito Weller?

Va bene che dobbiamo ancora conoscere la verità e la storia però… può essere che Weller abbia fatto del male alla ragazza? Suvvia, ma chi ci crede?!? Allora perché Roman lo ricatta con la storia di Berlino? Non può essere solo perché  Weller sapeva che Jane avesse una figlia. E Jane che vuole parlare con Shepherd è semplicemente RIDICOLO, ahahahahahah. MA PER CORTESIA. Ti puoi fidare di una così? C’è davvero bisogno di Kurt che ti dice che ti manipolerebbe la mente con le sue parole? Se mi ripropongono Shepherd anche in questa stagione giuro che io mi defilo.

3. Il riproporre continuamente le stesse cose, il voler mettere tutti contro tutti, una talpa interna che rema contro di loro per insabbiare dei tattoo e che guarda caso forse è il Direttore dell’FBI (robetta proprio…), i tatuaggi per risolvere casi (anche se sono casi che possono portare a scoprire anche quello che i nostri protagonisti hanno fatto i quest’anno e mezzo circa di salto temporale).

BONUS TOP

Tasha che affronta Reade apertamente e schiettamente, perché lui è comunque FAMIGLIA. E Reade che affronta Tasha e poi ancora Reade, Tasha e Patterson che si confrontano… anche se forse questo è l’inizio dell’allontanamento…

BONUS FLOP

La storia del figlio nato dallo stupro che si intreccia con la storia personale di Jane, la quale alla fine decide di non rintracciare la figlia perduta per rispettare la sua vita… ovviamente direi, così quando se la troverà davanti sarà super pathos, speriamo.

Vi lascio con il promo del prossimo episodio, intitolato “Adoring Suspect

 

 

 

Riverdale 2×08 – Bentornato FP Jones

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Ho dovuto prendermi un po’ di tempo per placare la fangirl che è in me e cercare di scrivere in maniera composta, altrimenti, che ve lo dico a fare, avrei fatto uno sproloquio sulla golden couple Alice-FP attingendo a piene mani dalle mie più fervide fantasie.

Però ovviamente non posso non iniziare da qui, da questa tensione sessuale nemmeno troppo latente che si tagliava con un coltello da burro. Io avrò anche una fervida immaginazione, ma questa volta gli autori hanno voluto marciare pesantemente sul sogno di tutti i fan di “Riverdale” di vedere finalmente Alice Cooper e FP Jones rotolarsi in un tripudio di pelle, flanella e jeans strappati sul pavimento del White Dragon. Al “sexually frustrated” avevo già iniziato a viaggiare, ma al “leave him” avevo ufficialmente venduto l’anima al diavolo. Vivere di queste frasi spezzate a metà è altamente distruttivo per la mia psiche, quindi, lo chiedo per favore, qualcuno mi dia uno straccio di flashback per capire cosa sia successo esattamente tra questi due, perché IO DEVO VEDERE.

Mi rendo conto che potrei andare avanti per ore a elencarvi tutti i motivi per cui Hal Cooper ormai fa più tappezzeria del centrino fatto a uncinetto dalla zia Piera e quindi per cui tenere separati Alice e FP è un crimine contro l’umanità, ma invece vi lascerò semplicemente a consumarvi gli occhi su questa fanvid portata alla mia attenzione dalla nostra cara Moonrising (perché sì noi dello staff di TA crediamo fortemente nella canonizzazione di questa coppia).

Ormone ballerino a parte, FP Jones è un personaggio meraviglioso, e in questa puntata lo ha dimostrato una volta per tutte. Il “Re”, come lo definisce suo figlio, che si piega a un lavoro umiliante – non che fare il cameriere sia di per sè umiliante, sia chiaro, ma, considerata la sua condizione di partenza, servire gli altri e farlo in modo assolutamente remissivo (come con Cheryl) è decisamente un bel ruzzolone nella scala sociale; la divisa di Pop’s certo poi non aiuta a tenere alta la dignità. FP però è pronto a lasciarsi tutto alle spalle, a rinunciare a quel potere e a quella libertà per vivere una vita regolare. Scopriamo che il suo percorso con i Serpents non è sempre stato così regolare come si pensava, che è stato più volte combattuto, ma che alla fine è sempre tornato all’ovile, forse proprio guidato da quel senso di potere che l’appartenenza alla gang poteva dargli. Ma proprio conoscendo così a fondo questo mondo ha fatto di tutto per far sì che Jughead avesse un destino diverso: ha capito che il figlio era cascato come una pera cotta nella trappola di Penny e ha fatto l’unica cosa in suo potere per salvarlo. Come all’epoca della finta confessione sull’omicidio di Jason Blossom, anche stavolta ha sacrificato se stesso per tenere Juggy fuori pericolo. Quel “You broke my heart” ha spezzato un po’ anche il mio, perché è come se alla fine FP avesse perso ogni speranza di riuscire a crearsi una vita lontana dai Serpents e, involontariamente, quell’ultima speranza gli è stata portata via proprio dalle azioni avventate del figlio.

FP aveva ragione: Jughead doveva stare lontano dai Serpents. Per quanto le sue intenzioni siano buone, per quanto tenti di condurre una vita pulita, la sua strada sta prendendo tutt’altra direzione, e sembra che nemmeno lui se ne stia rendendo conto. La scorsa stagione avrebbe fatto carte false per vedere il padre sistemato con un lavoro onesto, mentre ora vede solo un re decaduto; quello che prima era un punto di contrasto tra i due, adesso è una fonte di orgoglio per Juggy. Entrare nei Serpents, forse per la prima volta, lo ha tolto dalla condizione di outcast. C’è una parte di lui che è consapevole di quanto la situazione possa essere pericolosa, ma è altrettanto convinto di essere l’unico in grado di gestirla, quando in realtà è totalmente fuori dal suo controllo.

Betty non è mai stata tanto borderline quanto in questa puntata. Il suo voler stare vicino a Jug per proteggerlo e supportarlo è solo una faccia della medaglia. Può rinchiudersi in tutti i maglioncini color pastello che vuole, ma quando scioglie quella coda di cavallo Betty prova un senso di libertà immenso. Prendere in mano un microfono, spogliarsi di fronte a una folla e ballare in modo sexy… non sono cose che ha fatto per Jughead, sono cose che ha fatto per se stessa, per sentire quel brivido che la sua vita quotidiana non le dà.

Il dramma ovviamente era dietro l’angolo, perché tra il criminale che si crede Che Guevara e la ragazza della porta accanto che sogna una vita sesso, droga e rock’n’roll, qualcosa prima o poi doveva sbottare. Che poi gli autori abbiano inspiegabilmente deciso di far virare tutto verso il triangolo, questo è abbastanza discutibile. L’abbiamo evitato già due volte, ma a giudicare dallo sguardo da trota in amore di Archie stavolta non credo la scamperemo.

D’altronde stavolta Archie mi ha fatto davvero pena: oltre agli addominali c’è un cuore (ed evidentemente un fan di “Glee” che adora esprimere i suoi sentimenti cantando) e Veronica ha ben pensato di puntarci un tacco dodici nel mezzo e rigirare per bene il suo stiletto. Finalmente anche la tenera Ronnie ha capito che mamma e papà stanno insieme per interesse più che per amore, e questo l’ha improvvisamente trasportata nel mood “non sarò mai in grado di amare”, il che l’ho comunque trovato in linea con il suo personaggio. È palese che anche lei sia innamorata, lo si è visto dall’inizio della stagione, dal modo in cui è stata vicina ad Archie nonostante i suoi deliri da vendicatore della notte, ma le manca ancora un passo per togliersi del tutto la cappa da ragazza egoista e viziata e aprirsi totalmente agli altri. Tempo che evidentemente Archie non è stato in grado di darle, e anche a ragione, vista la batosta che si è preso. Però da qui a volgere lo sguardo alla finestra di fronte e avere questa improvvisa epifania, ci passa un oceano.

In mezzo a questi drammi l’indagine su Black Hood continua a piccoli passi. Come al solito possiamo fare un recap degli indizi raccolti fino a ora nell’ angolo delle speculazioni a questo link.

E ora ovviamente il momento della TOP 3:

  • Alice Cooper regina incontrastata delle entrate a effetto: ormai è chiaro come la Regina di Riverdale abbia uno scomparto segreto dell’armadio in cui tiene tutti i suoi outfit migliori. Resta da chiedersi quale fosse il “look appropriato” che aveva pensato per Betty. Alice Cooper ti si ama, forse in versione Serpent ancora di più.

  • Betty Cooper in versione artista versatile: balla, canta, si struscia meglio di qualsiasi versione riformata di Rachel Barry alla scoperta della sua passeggiatrice interiore. Dark Betty è sempre una scoperta.

  • Sarò ripetitiva, ma se non sono da top 3 loro io sono evidentemente più cecata di quanto pensassi: FP Jones e Alice Cooper. Ho già detto tutto.

Mi tocca però aggiungere un piccolo flop: Cheryl Blossom merita di brillare, continuo a non capire questa sua accoppiata con l’inutile Josie – una parentesi del tutto inutile. Ridateci la Dea!!!!!!

La prossima settimana, come preannuncia il promo, ci aspetta una puntata natalizia, ma sicuramente non sarà tutto dolci e abbracci. Passate a lasciare un like alla nostra pagina amica e ricordatevi di lasciare un commento qui sotto: per ogni commento verrà devoluto un centesimo alla fondazione Archie Andrews per tutti i ragazzi che al “Ti amo” si sono sentiti rispondere “Grazie anche no”.

COLE SPROUSE ADDICTED

Alla prossima settimana!

Arrow 6×09 – Tradimenti, matrimoni e altre tragedie da mid-season finale

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La mid-season finale è iniziata con tutto l’amore del mondo e finita nel baratro della disperazione (surprise surprise!). Almeno non è morto nessuno e questo mi consola parecchio.

Da Oliciter sfegatata, l’inizio della puntata è stata la mia morte.
Niente di meglio che Oliver e Felicity che si scambiano sguardi pieni d’amore con tutta la loro famiglia intorno. Thea e William molto complici (commenterei solo con un gridolino esagitato il fatto che aspettasse Roy), quel poveretto di Curtis completamente disperato e il discorso strappa cuore di Rene sono stati sicuramente i punti forte.
Sono rimasta abbastanza sorpresa della Tizianata alla “ricordiamoglielo al mondo chi eravamo e che potremmo ritornare” di Donna e Noah. Sinceramente, tifo ancora per Donna e Quentin e la scena che hanno condiviso mi ha solo confermato tutto.
Vogliamo poi parlare di Lance che regala l’orologio di suo padre ad Oliver? Oltre a riconfermarsi padre di tutto il Team (mi sono sciolta quando accompagna a casa Thea), ha anche riconosciuto a se stesso di considerare Oliver come un figlio. Già sappiamo che il nostro arciere ha sempre guardato a Quentin come ad un modello da imitare, al padre che non ha mai avuto ma che avrebbe voluto, un padre sempre presente e che non ha problemi a sacrificarsi per i suoi figli. Mi ha ricordato molto la scena della quarta stagione in cui Oliver va da un Lance completamente distrutto per tutta la faccenda di Laurel e Sara.

Comunque, ovviamente l’idillio non poteva durare molto e si viene a scoprire che un membro del Team Arrow testimonierà contro Oliver.

Ora, caro OTA, capisco che vi sentite traditi. Ci sta tutto. Ma questi sono i vostri migliori amici (okay, effettivamente in Arrow non conta niente ma ci si spera sempre), vi siete salvati la vita a vicenda…perché non vi riunite e ne parlate tranquillamente? Invece di pensare che ci sia una ragione  l’OTA ha piazzato subito tutti sotto sorveglianza e da lì tutto è andato in scatafascio (ascoltate sempre Digg ragazzi).
Devo dire che qui sono rimasta un po’ delusa da Felicity, non è proprio da lei sospettare di tutti senza trovare una spiegazione plausibile prima. Speriamo che ora che li hanno fatti sposare, Felicity non diventi solo un’appendice di Oliver, da cui questa reazione è più che prevedibile (Marc stai attento o ti vengo a cercare).
Ovviamente, grazie alla sorveglianza si scoprono tutti gli altarini. Dinah viene sospettata perché scoprono essere in rapporti con Vince, ma alla fine è Rene che si rivela essere il traditore.
Non riesco ad essere arrabbiata per le decisioni prese da Rene e Dinah, li capisco benissimo. Rene farebbe di tutto per riavere Zoe e, anche se ovviamente ha sbagliato a vendere Oliver e a non fidarsi del Team, non ha fatto altro che mettere la sua famiglia al primo posto. Dinah ha fatto bene ad andarsene, si è spesa molto per il Team mantenendo tutti i segreti possibili e viene accusata senza attenuanti. Qui l’OTA ha sbagliato di brutto a non permettere a nessuno di discolparsi e i risultati disastrosi si sono visti.

Sorvolerei su l’utilità dello scambio tra i nostri e Cayden James. Non penso fosse qualcosa di più che farci vedere di come nessuno si sia accorto che Black Siren ha installato delle micro camere nel bunker (Slade non vi ha insegnato niente?). Quindi, insomma, è stato parecchio inutile. Cayden continua comunque ad essere un personaggio che mi piace assai.

A fine puntata troviamo quindi i nostri Oliver, Felicity, Diggle e Thea soli a combattere contro il male e speriamo che sia questa l’occasione del ritorno di Roy. Non vedo veramente l’ora di rivederlo in azione.

BEST 3:
1. Da qualche puntata stiamo vedendo un Oliver più introspettivo e maturo. Anche se la sua prima risposta al pericolo è di allontanare tutti, vedo in lui un’introspezione che prima non c’era mai stata e che è simbolo di una grande crescita.

2. Non posso che citare questo matrimonio adorabile e i miei Olicity molto complici. E le mie ovaie esplose come al solito alla vista di Oliver in tenuta da criminale internazionale.



3. La scena finale con il botto. Tutti i cattivoni riuniti per distruggere Star City per ora sono molto fighi, speriamo che la situazione non degeneri. (Anatoly tu quoque???)

WORST 3:
1. OTA. Questa volta non l’ho apprezzato per niente. Di solito Felicity e Digg sono i capisaldi morali di Oliver che gli impediscono di fare cavolate quando entra nella sua forma mentis del “Faccio tutto io, chi ha bisogno di amici?”. Qui hanno un po’ cannato.
2. NEWBIES. Anche Dinah, Rene e Curtis però hanno accusato subito Oliver di tutti i loro problemi. Nessuno li ha mai costretti a mettersi una maschera, scendere in strada e prendere a cazzotti i cattivi. La decisione è stata la loro ed è ingiusto accusare Oliver dei loro casini.
3. Black Siren è la persona meno credibile che io abbia mai visto, ma in questa puntata si è visto una profondità del carattere che mancava. Speriamo che non ritorni un piattume.


Marvel’s Agents of S.H.I.E.L.D. 5×03 – Lo spazio tra le stelle

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Il terzo episodio di questa stagione di “Marvel’s Agents of S.H.I.E.L.D.” è inevitabilmente un episodio di costruzione, un chiaro work in progress per un cuore della storyline che deve ancora essere svelato, ma che ha certamente bisogno di creare il suo background di supporto, prima di affrontare a carte scoperte l’obiettivo di questa scelta narrativa. Si tratta al momento di una fase di conoscenza e di adattamento a questa nuova realtà e il focus della puntata si sofferma proprio sui diversi percorsi paralleli compiuti dagli agenti e su come ognuno di loro stia affrontando questo improvviso capovolgimento di fronte della loro realtà, soprattutto a così breve distanza di tempo dall’incubo del Framework.

Sebbene l’episodio dunque avanzi con sostanziale equilibrio nella caratterizzazione e nello sviluppo delle storyline individuali, non posso negare di restare sempre particolarmente affascinata dalla realtà vissuta in questo frangente da Jemma Simmons, sia per gli elementi che la arricchiscono sia per il suo modo di rapportarsi ad essa. Come ho già anticipato nella precedente recensione, scenari così al limite della realtà e così distanti da una quotidianità che normale non lo è mai stata, ma che rientrava nell’ambito di una materia che Jemma riusciva a controllare, permettono al personaggio di mostrare una crescita che, per quanto mi riguarda, è avvenuta in maniera del tutto umana e travolgente nella seconda stagione, con l’avvento della Terrigenesi e degli Inumani, un’evoluzione che adesso rende Jemma Simmons il personaggio probabilmente più equilibrato della serie, nonché l’agente forse più completo del team. Jemma riesce infatti a coniugare ora perfettamente la scienza empirica su cui ha fondato la sua istruzione e la sua personalità in una prima parte della sua vita, con tutte le nuove conoscenze acquisite e vissute sulla sua stessa pelle nel corso degli anni di servizio nello S.H.I.E.L.D., la lucidità razionale e a volte anche ironica con cui affronta situazioni estreme come l’attuale con un’umanità ancora luminosa e pura, rendendo la sua scienza una materia accessibile a tutti e scoprendone anche la poesia intrinseca che regola l’universo.

Non è un caso che il potente esteta Kasius, i cui caratteri mi ricordano a tratti quelli di un imperatore romano immerso nella ricerca del bello nell’età del classicismo, sia progressivamente sempre più affascinato da lei non solo per il suo aspetto, ma anche per quell’incredibile potenziale che comincia a scorgere in lei e nella sua capacità di adattarsi perfettamente alle sue esigenze. Come evidenziato da Sinara, la compassione di Jemma è esattamente ciò di cui Kasius aveva bisogno per portare a termine la transazione della giovane Inumana Abby, ma è il modo in cui Jemma si rapporta alla ragazzina a definire davvero il personaggio, perché non si tratta di semplice abilità scientifica nel capire gli Inumani, ma di pura empatia umana nei confronti di un’innocente indifesa, abbandonata alla mercé di un potere senza scrupoli che la vede esclusivamente come portatrice di profitti. Jemma si adatta in maniera quasi strategica al mondo di Kasius, ma ne contrasta e ne stravolge la realtà a ogni passo, trovando un equilibrio anche quando sembra impossibile, riconoscendo un terreno comune in ogni universo e usando la sua scienza come emblema di uguaglianza.


Particolare è anche l’attenzione dedicata alla costruzione delle scene che coinvolgono proprio Jemma e i suoi silenziosi confronti con Kasius, scene in cui il focus si sposta sul modo in cui Jemma guarda letteralmente i comportamenti del leader Kree senza poterne ascoltare le parole, ma venendo comunque influenzata dalle sue reazioni, come nel dettaglio in cui sobbalza quando Kasius distrugge il bicchiere pur non sentendone il rumore. Ma qualcosa mi suggerisce che anche in quei silenzi Jemma stia operando per carpire più informazioni possibili sul suo aguzzino.

Sul fronte “popolare” invece, Coulson, Mack e Elena sono ancora “intrappolati” al servizio del mercenario Grill e dei suoi “lavori forzati” mentre sottobanco continuano a seguire gli indizi lasciati indietro da Virgil, al momento la loro unica speranza di venire a capo della verità che circonda questo apocalittico futuro, per risolverlo e tornare al loro presente. Nonostante il suo ruolo di leader venga ancora avvertito nei momenti più opportuni, Coulson appare momentaneamente sottotono nelle dinamiche complessive, agisce certamente in modo saggio, d’astuzia e di attesa, muovendo passi impercettibili per non farsi notare, ma provando a raggiungere contemporaneamente piccoli traguardi, a ogni modo però mi preoccupa la scarsa azione che lo circonda e la facilità con cui sembra essersi abituato alla nuova quotidianità.

May invece, per quanto contrariamente a Coulson sembri più combattiva da questo punto di vista, appare anche sorprendentemente “stanca” e contemporaneamente arrabbiata per la condizione attuale. Gli effetti del Framework si notano ancora, seppure lievemente, anche su di lei, debilitando in questo modo anche una personalità così tenace come la sua. Il momento in cui accetta il tenero tentativo di Coulson di confortarla è simbolo non soltanto di una crescita del personaggio, che è ovviamente necessaria ma anche sottile e graduale, ma dimostra inoltre quanto persino May cominci ad avvertire il peso di una vita vissuta sempre al limite della realtà, desiderando per una volta una normalità spesso sottovalutata.

Mack ha, al momento, una caratterizzazione standard e ordinaria per lui, ma a tratti mi sorprende per la mentalità strategica che dimostra e anche per un’incrollabile moralità ancora salda che contrasta con il pensiero disilluso di Tess e con il contesto apocalittico e distopico in cui si ritrova. Elena è stata invece in questo episodio la pedina più importante dal punto di vista della mobilità di questa “partita”. Complice ovviamente il suo potere ma soprattutto la sua personalità ribelle e indomita, Elena rappresenta l’elemento di cui la squadra ha sempre avuto bisogno per mettere in moto gli ingranaggi, per dare un impulso a un’azione altrimenti statica.

L’ultimo membro di questo nuovo team è quindi la new entry Tess, la cui caratterizzazione è piacevolmente sfumata. Contrariamente a Deke, Tess, seppur spaventata, crede nella possibilità di combattere ancora, anche se fortemente condizionata dalla legge darwiniana della sopravvivenza del più forte che vige sulla colonia, ha ancora fiducia, crede in Coulson e nella sua missione e riesce a trovare in fretta il suo posto tra di loro perché la speranza di un mondo diverso e migliore diventa col tempo più forte della sua paura.

Infine si arriva alla terza storyline parallela di questo episodio che vede protagonisti Daisy e Deke.

Daisy mi sembra l’unica particolarmente energica in questa prima fase: non intende fermarsi, non intende aspettare, non che la sua sia una strategia ideale, ma almeno ha ben chiaro in mente l’obiettivo principale: proteggersi l’uno con gli altri e tornare a casa. La sua missione nell’episodio è semplice e a breve termine rispetto a quella di Coulson: trovare Simmons e portarla in salvo, a qualsiasi costo, e un tale piano non prevede ostacoli. Ma le parole di Deke le entrano lentamente sotto la pelle e la paura di essere effettivamente responsabile della distruzione del suo mondo comincia a mostrarsi nel suo sguardo.

Ad ogni modo mi affascina notare quanto Daisy, come Jemma, porti i segni di tutti gli insegnamenti passati, soprattutto quelli vissuti e fatti propri in ambito “familiare”. Nella sua fisicità infatti Daisy è sempre più simile a May, puntando quasi totalmente sulle sue abilità fisiche e solo alla fine sui suoi poteri; caratterialmente invece, riprende l’attitudine perennemente sarcastica di Coulson, quasi come “scudo” per contrastare l’assurdità dei contesti in cui si ritrova.

Il tradimento finale di Deke non mi convince, per quanto quasi vorrei fosse esattamente come sembra, avendo ormai raggiunto la mia soglia di sopportazione del personaggio. Che abbia un piano segreto o meno, Deke è fermo nelle sue convinzioni e sembra totalmente assuefatto ormai alla vita che lo circonda, non riuscendo neanche a concepire una possibilità di ribellione e di salvezza e preferendo cullarsi nel suo personale framework che ha la funzione di spegnere ancora di più le menti addolcendole con un mondo che non esiste e che non può danneggiare.

In chiusura dunque, vi lascio la mia personale TOP 3 dei momenti migliori dell’episodio:

  • Jemma aiuta Abby a controllare i suoi poteri, spiegandole le leggi costanti dell’universo e della sua materia;
  • Daisy combatte i due Kree in ascensore [Mama May esplode d’orgoglio in lontananza];
  • Elena ruba il tablet da Grill e lo consegna a Daisy [il potere di Elena è portato in scena in maniera straordinaria]

 

In attesa di scoprire quali oscure presenze abitino ciò che resta della superficie terrestre, io vi lascio e vi do appuntamento alla prossima settimana! Non dimenticate nel frattempo di passare da queste splendide pagine facebook dedicate a Clark Gregg e Chloe Bennet:

« Chloe Bennet Italia;

Clark Gregg Son of Coul

 

 

 

Once Upon a Time 7×09 – Lacrime… di gioia!

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Once torna con una programmazione schizofrenica, due episodi dopo uno stop di tre settimane e poi di nuovo in pausa fino all’anno nuovo. Per fortuna però, almeno basandoci sulla puntata di questa settimana, la curva di miglioramento intercettata nelle ultime settimane prima del Ringraziamento non si è interrotta e, arrivata alla fine della visione di questo “One Little Tear”, mi sono quasi quasi sentita di nuovo come davanti a un buon episodio del OUAT classico, il che è forse uno dei migliori complimenti che si possa fare a una puntata di questa incerta settima stagione.

 

Vi dico di più su questo nono episodio nell’audio-recensione qui di seguito:


Per il download della traccia audio, cliccate QUI.

Top 3 della settimana:

  • Victoria che finalmente si affranca dal ruolo della villain bidimensionale di zero interesse per il pubblico;
  • Il collegamento tra la storia principale e quella di Rumpel;
  • Ivy che cita Orange is the new black.

Purtroppo però devo anche citare almeno un punto negativo, ovvero che Ella non è affogata quando ce n’è stata la possibilità… no scherzo, il vero problema è l’assenza di Regina (che però deduco vedremo un bel po’ la prossima settimana e, se i rumors sono attendibili, magari in compagnia della cara sorellina): ridateci Lana Parrilla e Andrew J. West!

Anche per oggi è tutto, aspetto però di sentire i vostri pareri qui sotto nella sezione commenti! Come sempre trovate a fine articolo il promo della prossima puntata e vi invito, se non l’avete già fatto, a passare dai nostri amici di:

Once Upon a Time Official Fan Club Italia
You’re not a villain, you’re my mom ღ

per rimanere sempre aggiornati sullo show e i suoi interpreti.
Alla prossima!

Outlander 3×13 – Cerchi Che Si Chiudono, Nuovi Mondi, Nuova Vita

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“Outlander” gran finale. Con “Eye Of The Storm” si chiude, infatti, questa terza stagione del fortunato show tratto dalla serie di romanzi di Diana Gabaldon.
Anche per quest’anno, dunque, ascoltiamo per l’ultima volta l’amata sigla.

La puntata si apre in modo inquietante, grazie al “prologo”, affidato ancora una volta alla voce narrante di Claire, e poi la prima scena che la vede dirigersi verso la tenuta di Geillis.
E la prima parte dell’episodio è proprio concentrata su Geillis. Contro di lei vediamo un fantastico, coraggioso e decisissimo giovane Ian, che dimostra di essere il degno figlio di Ian e Jenny e nipote di Jamie e Claire e di essere alla loro altezza quanto a temperamento, il che crea anche un bellissimo contrasto con questo suo aspetto così delicato.


L’arrivo di Claire porta al confronto tra le due donne, un tempo legate e appoggio l’una per l’altra, ora inevitabilmente nemiche.
Geillis è così ossessionata dalle sue idee che non riesce ormai più a distinguere amici da nemici e vede menzogne ovunque.
Nel suo dialogo con Claire emerge una sua certa umanità, nonché la solitudine di cui è stata vittima per la maggior parte della sua vita, soprattutto nel XVIII secolo. E’ innegabile che lei abbia dovuto trovare il modo di sopravvivere in un’epoca colma di pericoli e tutt’altro che pacifica, il problema è, ovviamente, ciò che ha fatto in nome di ideali che potevano anche non avere niente di negativo. Il problema è che è diventata (o è sempre stata e la cosa si è accentuata nel XVIII secolo) una folle esaltata, priva di qualsiasi limite, disposta persino a uccidere la figlia di una persona che definisce amica, aspettandosi che quest’ultima capisca che il sacrificio è necessario.
Proprio la sua follia porta al terribile momento in cui Claire, per salvarsi e salvare, così, Ian, svela a Geillis ciò che lei ha bisogno di sapere e di cui invece non avrebbe mai dovuto venire a conoscenza, ovvero di Brianna. Questi momenti, però, conducono anche alla toccante spiegazione di Claire sul perché lei riesca a passare ripetutamente attraverso le pietre, a ciò che, secondo lei, è alla base del meccanismo, cosa lo consente.


Ovviamente, arriva Jamie a salvare Claire e così li seguiamo all’esterno, trovandoci poi nel mezzo del rituale. Una scena visivamente molto bella, che evidenzia, seppur in modo fantasioso, la cultura di quelle popolazioni, soprattutto in quei periodi.

Come di certo tutti abbiamo pensato, e come poi le immagini ci confermano, tale rituale crea un parallelismo con quello druidico rappresentato nella prima stagione (che ad oggi resta una delle scene più belle dell’intero show) e in questo modo si chiude un cerchio.
In questa parte abbiamo dei momenti davvero bellissimi: la spiegazione, grazie a Margaret, del significato del coniglio e dell’uccellino e, dunque, del legame che ha continuato a esistere e crescere anche attraverso due secoli di distanza, nonché, ovviamente, la presenza di Bree, che è la testimonianza fisica di quel legame (peraltro, molto carini Yi Tien Cho e Margaret); il modo in cui Jamie afferra la torcia e Claire per intraprendere il sentiero che li conduca alla grotta.

“We’ve lost Faith.We will not lose Brianna.”

Ed ecco un altro parallelismo: Jamie e Claire sono in una situazione simile a quella del finale della seconda stagione, ovvero lui in pericolo di vita che spinge Claire ad andare via, se necessario, per la salvezza di Brianna, la quale, però, questa volta viene salvata senza bisogno del sacrificio della separazione dei genitori. Ancora un cerchio che si chiude.
Addio Geillis!
E con la morte di Geillis ne vediamo sigillarsi un altro, con la spiegazione del famoso scheletro di donna analizzato da Joe e Claire a inizio stagione, che tanto aveva inquietato Claire anche per via della sua capacità istintiva di capire cosa era avvenuto e dove.

Fergus e Marsali fanno solo una piccola apparizione, ma si dimostrano ancora una volta molto carini e lei, di nuovo, più simile a Claire che alla sua stessa madre (per fortuna).
La scena forse più toccante della puntata si svolge proprio a chiusura di questa sezione: Jamie stringe a sé Claire e Ian, la sua famiglia, entrambi finalmente al sicuro.

Prima di passare all’ultima parte della puntata, facciamo un passo indietro, a Jamie. E con Jamie, ovviamente, troviamo Lord John Grey.
La scena che li coinvolge è uno dei momenti migliori dell’intero episodio.
Abbiamo Lord Grey vs il Capitano Leonard. Straordinario Lord John Grey: usa la legge per salvare Jamie, come è chiaro, visti anche i sentimenti ancora vivi per Jamie, ma non è solo questo che emerge e che deve essere sottolineato, poiché l’aspetto maggiore è dato dall’autorevolezza e dall’autorità che emanano da lui.
Una scena fantastica, splendidamente recitata e Lord John si conferma, ancora una volta, come un personaggio meraviglioso.
Inoltre, è particolarmente bella l’inquadratura finale di Lord Grey, con il suo profilo, molto semplice ma artistica, il suo viso sembra dipinto.



I nostri eroi, finalmente, sembrano aver superato il peggio e trovare un po’ di tranquillità, e così ecco un momento di intimità tra i due, una scena delicata e anche un po’ spiritosa, che rende la complicità di una coppia, il modo in cui Claire e Jamie si conoscono alla perfezione nonostante i lunghi anni separati, come sono a proprio agio insieme.


Come sempre, però, la tranquillità faticosamente conquistata da parte di Jamie e Claire è destinata a durare ben poco e così ecco lo scoppio di una terribile tempesta che sembra portare alla morte di Fergus, Marsali, Ian e persino a quella di Claire… e vediamo che “l’occhio della tempesta” che costituisce il titolo è letterale. In una bellissima ripresa che si allarga sempre più scopriamo che l’Artemis è nel mezzo di un vero uragano, così tipico di quelle zone.
E qui abbiamo un altro parallelismo: il salvataggio di Claire, dopo la straziante scena della “morte” sottolineata da una musica delicata, malinconica, in seguito alla quale i due si ritrovano su una spiaggia (l’ennesima, potremmo dire) e Claire si risveglia, indebolita, disorientata, come si era risvegliato Jamie sul campo di battaglia di Culloden nell’apertura della stagione.



E con la bellissima fotografia finale, che ci introduce finalmente al continente americano e, più di preciso, in Georgia, la stagione si chiude, sigillando un altro capitolo della storia di Claire e Jamie e aprendone un altro completamente nuovo, che sarà molto ricco.

Abbiamo assistito a una terza stagione davvero molto bella, ben realizzata, con alcuni momenti ed episodi di transizione, necessari però a portare i protagonisti là dove dovevano essere per il proseguimento del racconto.
La stagione è stata molto drammatica all’inizio, soprattutto per ciò che concerne Jamie, poi vi è stata un’alternanza più normale tra il dramma e i momenti più tranquilli (come accaduto nelle precedenti) e ha presentato anche molta azione e nuovi e bellissimi personaggi.

Passiamo, infine, alla TOP 3:

  • Lo scontro Lord John Grey – Capitano Leonard.
  • L’abbraccio di Jamie a Claire e Ian.
  • La scena finale, davvero bella da vedere.


BONUS: tutti i richiami al passato, i parallelismi ben creati per chiarire alcuni punti per chi non ha letto i romanzi.

FLOP: ma almeno un paio di minuti in chiusura a Roger e Brianna potevano pure dedicarli! Me tapina e infelice.

Ebbene, questa settimana niente promo del prossimo episodio. La terza stagione di “Outlander”, infatti, con questo episodio giunge al termine. Una lunga attesa si spiega davanti a noi per la quarta stagione (che per fortuna stanno già girando!). E, SORPRESA! Oggi (lunedì) è uscito un primo teaser della quarta stagione, quindi eccolo a voi!

Per quest’anno, dunque, io mi fermo qui. Ringrazio tutti voi per aver letto le recensioni e le pagine che le hanno condivise ogni settimana. Speriamo di ritrovarci l’anno prossimo!

Ricordatevi di passare in queste meravigliose pagine per news, aggiornamenti e spoiler settimanali sugli episodi, news sui nostri attori e personaggi preferiti e sul mondo british!

An Anglophile Girl’s Diary

Caitriona Balfe Italian Fans

Gli Attori Britannici Hanno Rovinato La Mia Vita

Outlander Italy

Sam Heughan Italian Fans

Sam Heughan Italy

The White Queen Italia

Shameless 8×06 – Chi ha rubato il braccio di Jordan?

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Bentornati cari amici addicted!

Questa settimana “Shameless” ha inaspettatamente toccato delle corde molto dolci.

La morte dell’anziana inquilina ha tirato fuori un aspetto molto tenero del carattere di Fiona, che non spesso vediamo. L’abbiamo vista commuoversi mano a mano che scopriva il passato di una donna che nemmeno conosceva, immedesimandosi in lei e temendo che lo screzio con Ian potesse portarla allo stesso destino, quello di una morte sola e dimenticata dalla sua famiglia. Forse proprio per questa inaspettata tenerezza mi sono ritrovata a “tifare” per lei nella diatriba sulla chiesa; certo, anche l’atteggiamento di Ian non ha aiutato. La sua rabbia è giustificata e, come detto nella scorsa recensione, la sua è una causa davvero nobile, ma le accuse che ha mosso contro Fiona mi sono sembrate troppo forti e non pienamente giustificate. Parlare di “bussola morale” nella famiglia Gallagher vuol dire spesso toccare dei confini molto labili. Pensate all’episodio della zia Ginger o all’ultima avventura al cimitero con Monica, giusto per citarne un paio: nessuno dei fratelli si è mai fatto troppe remore quando in gioco c’era la loro sopravvivenza, tanto meno Ian, e questa volta la situazione non è diversa da tante che hanno affrontato in passato, semplicemente in questo caso i loro interessi non coincidono. E io sinceramente non riesco a vedere tutto questo egoismo in Fiona solo perché vuole che la sua attività non crolli a picco. Per questo i modi di Ian mi hanno infastidito, anche perché potrebbe benissimo pensare di investire il denaro in un altro progetto per aiutare il rifugio, senza per forza intestardirsi su quella chiesa.

L’altro momento di tenerezza ha riguardato Lip e la sua “fede”. Mi ha stranito non poco sentire Lip pronunciare la parola “faith”, cosa che forse non aveva mai fatto in 7 stagioni. Il suo può anche essere un movente egoistico, ma l’impegno che ci mette è ammirevole; non molla ed è disposto a tutto pur di riportare Brad a casa. Salvare il suo sponsor vuol dire salvare se stesso ed è bello vedere come, seppur di riflesso, Lip questa volta abbia intenzione di lottare. Ha buttato all’aria il suo futuro accademico e le sue relazioni, ed ora tutto quello che gli rimane è la fede che possa riuscire a rialzarsi in qualche modo ed emergere dal baratro che si era scavato da solo nella scorsa stagione. La sua piccola quest è stata anche divertente, come un’indagine da detective provetti, recuperando ogni minimo indizio. Mi tocca però sottolineare una piccola pecca: l’atteggiamento del professor Youens è stato assolutamente in character, su questo non discuto (perché lui è sempre stato un cinico e non mi aspettavo che iniziasse a sprizzare arcobaleni ed unicorni dalle orecchie), però mi è dispiaciuto vedere che, nonostante tutti gli sforzi che sono stati fatti nei suoi confronti, lui fosse il primo disposto a gettare la spugna. Youens ha dato a Lip tante seconde occasioni e in ultimo il suo allievo ha ricambiato dandogli una possibilità di recupero, per cui credevo che almeno in parte questo scambio lo avesse portato ad avere un po’ più di fede.

Con mio grande dispiacere il triangolo amoroso non sta subendo grandi risvolti rispetto alla stagione precedente. Kevin si mostra giustamente geloso, ma come lo era stato anche agli inizi, di fronte al finto matrimonio tra le due donne; mentre Veronica si lascia completamente soggiogare dall’atteggiamento imperativo di Svetlana. Kevin sembra ancora più tonto del solito, incapace di opporre una reazione sensata a questa situazione, che a mio modo di vedere dovrebbe essere o un’esclusione totale di Lana dalla scena (per il tradimento nei loro confronti e l’intromissione nel loro matrimonio) o una seria presa di coscienza del fatto che è una socia formidabile e che quindi la loro riuscita economica dipende solo da lei. E allo stesso modo V dovrebbe fare un po’ di chiarezza nella sua testa, non dando per scontato che il marito, in quanto non esattamente una mente geniale, debba farsi andare bene tutti i suoi capricci. E la svolta dovrebbe arrivare anche per Svetlana, che meriterebbe molto di più che essere una semplice appendice on/off degli altri due personaggi. Forse perché altri personaggi si stanno proponendo come “parentesi leggera” all’interno della serie – vedi le storyline abbozzate di Carl, Debbie, Liam e a tratti lo stesso Frank – ho bisogno di qualcosa di più consistente; forse sbaglio a volerlo pretendere da questo trio, ma credo nelle sue potenzialità e mi dispiace vedere questo spreco, nonostante mi facciano sempre e comunque piegare dalle risate.

Gli atri protagonisti di questo episodio sono stati Debbie e la sua corsa contro il tempo e Frank. Debbie oscilla sempre pericolosamente tra l’essere veramente responsabile e la sua visione della responsabilità. Considerato che nemmeno ricorda di avere fatto sesso, mi chiedo come abbia fatto in quei momenti a prendersi cura di Franny, però mi rimetto nell’ottica Gallagher e recupero un po’ di serenità. Almeno è giunta alla conclusione che scegliere CONSAPEVOLMENTE (perché è sempre bene ricordare che la sua gravidanza non è stato un incidente di percorso) di avere un bambino alla sua età e nelle sue condizioni non è stata un’idea tanto brillante. Frank potrebbe essere arrivato a quel punto di rottura che aspettavo da inizio stagione: ora che ha perso il lavoro riuscirà comunque a rigare dritto?

Cercando di tirare un po’ le somme direi che è stato un episodio che non ha brillato. Siamo arrivati ormai a metà stagione e c’è qualcosa che ancora non è riuscito a scattare; forse sarà il dramma della chiesa a dare una svolta o per lo meno lo spero.

Credo ci siano stati dei flop, ma anche dei momenti molto belli, quindi vi propongo una classifica ibrida:

  • TOP: Frank che scopre lo shopping online e il suo delirio di onnipotenza
  • FLOP: Ian in versione più acida di una zitella acida
  • TOP: l’adozione del piccolo Rusty
  • FLOP: Kevin e Veronica, per questo meccanismo stantio
  • TOP: l’essere politicamente scorretto di “Shameless” che torna anche stavolta con l’amico di Debbie che simula un atto terroristico per accelerare la fila in farmacia.

Come sempre allora vi lascio con il promo del 8×07 e vi ricordo di passare a lasciare un like alla nostra pagina amica. Fatemi sapere cosa ne pensate di questa stagione nei commenti!

SHAMELESS US ITALIAN PAGE

Dynasty more like Beautiful… PIACE!

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Carissimi addicted, dopo una serie di puntate a mio avviso molto sottotono, Dynasty torna a brillare regalandoci due episodi all’altezza del pilot. Il trash è tornato in pole position!

(il trash ovviamente…)

Confesso che mi aspettavo decisamente qualcosa di più da questa serie, non tanto a livello di intrighi, quelli non mancano, quanto piuttosto di scene epiche alla “Fallon che finisce in una tomba”. Insomma, mi aspettavo più scene alla “OMG, l’ha fatto veramente”!

(ovvero, scene irreali ma che danno quel tocco wow!)

Finalmente la storyline di Claudia la pazza è giunta al capolinea (mi avete sentita esultare?!?) ed è saltato fuori che è stata proprio lei a uccidere il caro Matthew perché non voleva essere lasciata. Ora, possibile che nessuno sapesse che Claudia fosse un ingegnere e se lo sia ricordato solo Fallon magicamente grazie a un discorso con una bambina?!? Ma Anders che è così votato a preservare questa Famiglia e per farlo controlla anche nel cesto dei panni sporchi di tutti, si è appisolato un attimo (lungo un sogno) quando si sono portati in casa questa??

Vorrei anche non sentire perle di saggezza da Fallon perché, scusatemi, quando hai papino che ti para il culo per ogni cosa, è facile dire “le donne possono fare o essere quello che vogliono”, peraltro con la prerogativa del “manco morta sotto qualcuno perché non sia mai prendere ordini”. In pratica vuol tirare su una ragazzina visionaria ma con istinti dittatoriali, eccezionale direi. Insomma, ve lo dico, una scena carina quella con la ragazzina, concetti sicuramente lodevoli (più o meno), ma che detti da Fallon mi lasciano così:

Grazie al cielo Blake si è reso conto che forse l’adorata mogliettina non è proprio una santa e forse è il caso di indagare ben benino su di lei… mi aspettavo che Anders tirasse fuori la lista tipo “Oh, signore, non aspettavo altro“.

Personalmente poi non vedo l’ora che si stenda un velo pietoso su tutta la storia del passato di Crystal perché si sa che il pesce dopo un po’ puzza…

Infine, il triangolo (perché Cori è rilevante come le mie possibilità di sposare Leonardo Di Caprio) Colby-Fallon-Michael me lo vorrei risparmiato, non ce la posso fare, soprattutto perché, sono TERRIBILMENTE DI PARTE, ovvero sono #teamColby quindi DATECI DENTRO e Fallon chiodo scaccia chiodo all night long.

Infine, Steven e la scena finale della cocaina… MA… perché?!?!? Da quando?!? Non rovinatemi quell’orsacchiotto di Steven perché non lo sopporterei.

TOP3 SCENE IMPROBABILI

1. Anders che lancia sotto una porta il suo documento di identità e incredibilmente attraversa una stanza, passa sotto un’altra porta e arriva a Sam. Un po’ meno, grazie.

2. Anders e Crystal in missione: quando un SUV minaccia di speronarti e tu stai lì, lo guardi e poi acceleri sconvolto dal mondo per quello che voleva farti. Seriamente?!? Sali e parti a razzo, non stai lì come un ebete.

3. Michael che esce dalla doccia senza maglietta e se la mette in faccia a Fallon e alla sua ragazza… ma tipo mettersela prima? Voglio dire, io apprezzo ma non è plausibile che poi dica alla sua ragazza che ha bisogno di spazio, libertà… che fa rima con ahahahahaha.

CHAPEAU al vestito/pigiama INGUARDABILE di Fallon, il fatto che ci sia qualcuno che usi un outfit di tal specie non autorizza gli atri a imitarlo. ABBIATE PIETA’, E’ ORRIBILE.

BONUS PLUS

Sam IDOLO indiscusso, crea un CV da esperto e poi fa la figura del fesso perché non controlla quello che fa, e niente, lavorare non è da tutti, figuriamoci con criterio e perizia. Ma 10 per l’impegno e l’ingegno (e in completo è un super FIGO).

Il prossimo episodio (andato in onda l’altra notte) sarà il mid season finale e io e Syl lo commenteremo insieme a voi!

 

Riverdale 2×09 – Non avrei mai immaginato che dietro Black Hood si nascondesse proprio…

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La mia reazione dopo questa puntata è stata “COSA HO APPENA VISTO??”. Un episodio schizofrenico, che ci fa capire che evidentemente non solo le donne della famiglia Cooper avrebbero bisogno di un TSO.

Cominciamo con l’enorme elefante in questa piccolissima stanza, ovvero la questione Black Hood. Cosa si diceva nei commenti? Che il bidello Svenson era uno specchietto per le allodole, che l’avevano piazzato sulla scena al posto e nel momento giusto per far ricadere su di lui tutti i sospetti, che sarebbe stato troppo facile identificarlo con il Boia… e invece a “Riverdale” piace giocare facile. Mi immagino gli autori sghignazzare “pensavate che volessimo ingannarvi e invece no, ve la serviamo palese palese, vi confondiamo quel giusto per farvi arrovellare il cervello e poi vi freghiamo con la risposta più banale”; meglio pensare a questo che credere che avessero finito le idee. Mi consolo pensando che non avevo proprio sbagliato tutto, che fra i personaggi coinvolti nella vendetta dei Conway ci fossero almeno due dei membri più in vista della Riverdale dell’epoca (Nonna Blossom e Nonno Cooper), e che magari gli altri potessero essere davvero un McCoy, un Keller, un Andrews, un Lodge o un Jones… ma perché introdurre questa piccola parentesi per poi farla sfumare così malamente? Solo per tentare di costruire una motivazione un po’ più solida dietro le azioni di Svenson? O per giustificare la svolta ancora più dark di Betty? Dire che sono confusa è dire poco. A me piace Dark Betty, non l’ho mai negato, e volevo che questa sua doppia personalità portasse a uno sviluppo più consistente, ma che la piccola Cooper possa diventare il nuovo giustiziere di Riverdale, ecco qui forse stiamo esagerando. È crollata fino quasi a spezzarsi quando ha messo in pericolo la vita di Nick, di cui fondamentalmente non gliene fregava una cippa, e, per quanto possa aver visto l’abisso dietro quel cappuccio nero o sul fondo del bicchiere di tequila della madre, potrebbe mai essere capace davvero di uccidere? Non ho capito questa chiusa, non la sto tuttora capendo; mi riservo il tempo di questa pausa per capire cosa fare della mia vita.

Mi ha colpito ben di più la questione della famiglia Lodge e ho apprezzato che siano tornati sull’argomento, dopo aver introdotto questa guerra fredda fra genitori e mija e averla abbandonata a mezza stagione per seguire le vicende amorose di Veronica. Hiram Lodge ha un piano, e a giudicare dalla reazione di Ronnie potrebbe non essere una cosa così malvagia come pensavo. Certo c’è sempre la possibilità che la piccola di papà non sia così sveglia e abbia pensato che valga la pena fare qualsiasi cosa (purchè legale, eh…) pur di saldare il debito di Fred Andrews e tornare smagliante dal suo Archiekins; ma Veronica non è così stupida… Quindi ora abbiamo tutti i Lodge dalla stessa parte, e la questione diventa: chi c’è invece sull’altra sponda? Per ora sappiamo solo che il piano di Hiram e Hermione prevede l’acquisizione di Pop’s, un sacco di bicchieri di brandy davanti al camino e una spolverata di sorrisi melliflui che il Dottor Male può solo accompagnare.

E per una famiglia che ritrova la sua armonia, ce n’è un’altra che sta crollando a pezzi. Allora Juggy, bello di zia, io ti voglio bene e, nonostante i tuoi trascorsi da pubblicità per lo shampoo alla camomilla che non fa bruciare gli occhi, ti trovo anche parecchio figo, ma potresti anche smetterla di fare cazzate. Io capisco tutto, capisco che l’hai fatto solo a fin di bene e capisco che sei un tipetto un po’ istintivo (d’altronde c’hai la giacca di pelle e la motocicletta), ma se tuo padre ti dice di fare una cosa tu zitto prendi e porti a casa, no? Se nessuno dei Serpents si è mai ribellato a Penny Peabody ci sarà un motivo, e se ogni volta che la si nomina FP salta come se avesse preso una scossa ci sarà sempre un motivo; quindi come puoi pensare che tu e la tua banda di camice di flanella possiate risolvere la situazione senza conseguenze? Poi magari si risolve tutto come con Svenson, e Penny da brava educanda rimane esattamente dove l’hanno lasciata, ma io ho i miei forti dubbi.

Vorrei non aprire la parentesi sul gioco delle coppie ma poi c’è la pausa e insomma mi tocca. Volevamo farci mancare il limone pre-situazione di panico e dramma tra Archie e Betty dopo quegli intensi sguardi dalla finestra? Ovviamente no. Nemmeno ventiquattr’ore dopo però il giovane Andrews torna tra le braccia di Veronica con tanto di collana a cuore con le loro due foto su ciascuna metà, a conferma del fatto che il ragazzo è evidentemente confuso. I regali di Natale a volte hanno questo potere di annebbiare la mente delle persone. Quel bacio avrà delle conseguenze, dobbiamo solo avere la pazienza di aspettare e vedere quali saranno.

Ho mosso parecchie critiche ma nel complesso non è stato assolutamente un episodio da buttare. L’atmosfera creepy era perfetta, i colpi di scena ci sono stati e il materiale su cui riflettere in attesa del ritorno dopo la pausa natalizia è tanto. “Riverdale”, anche quando non riesce a brillare, non delude.

Eccoci quindi alla TOP 3 della settimana:

  • Dark Betty Hood: che ci debba ancora ragionare è una cosa, ma è innegabile che sia stato un colpo di scena incredibile, soprattutto dopo una risoluzione del caso del Boia senza infamia e senza lode;
  • Natale in casa Blossom: finalmente siamo tornati ai fasti della cara vecchia Cheryl e alla sobrietà delle situazioni più assurde e decontestualizzate della serie. Cheryl che si sveglia la mattina di Natale, con la classica tenuta da camera ovviamente, e coglie sul fatto Penelope che “scarta la sua sorpresa” è impagabile. Ah le cose che non ha visto quel divano…

  • Anche i Serpents hanno un cuore: nel South Side il Natale è tutto solidarietà e amore. Piccoli momenti di palpitazione quando FP chiede a Jughead se vuole passare a casa Cooper per ringraziare Betty, perché sappiamo benissimo che in realtà era tutta una tattica per vedere Alice; ma purtroppo Juggy a questo giro era prepotentemente intenzionato a metterci i bastoni fra le ruote.

Il prossimo appuntamento con “Riverdale” sarà tra un mese (mi piange il cuore) quindi non mi resta che augurarvi Buon Natale, Buon Anno e tante care cose, postarvi il promo della 2×10 (dove finalmente vedremo il fratello di Betty e figlio segreto di Alice e FP) e lasciarvi con l’ultimo interrogativo: chi stava spiando Archie e Veronica?

Come sempre potete lasciare un commento, ma non vi assicuro che in cambio riceverete un regalo, sicuramente non un orologio.

COLE SPROUSE ADDICTED

 

Blindspot – Momenti improbabili e una storia che prende piede (Finalmente!)

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Finalmente due puntate ben fatte! Carissimi addicted, non so voi, ma io sono rimasta ben contenta da come si sono messe le cose in queste ultime due settimane, aspetto a gridare al miglioramento continuo giusto per non prendermi una bella badilata in faccia nel winter finale…

In queste puntate abbiamo avuto sì la solita struttura “tattoo-caso”, ma hanno  portato a sviluppi interessanti nella storia che si sta creando e che si sta rivelando piacevole e ben organizzata (ma, anche qua, meglio non esaltarsi prima del tempo).

Le puntate portano alla nostra attenzione tre storyline (che adesso vediamo) e devo dire che lo fanno in modo omogeneo, regalando azione, umorismo e romanticismo.

1. Jane e sua figlia. Ancora non sappiamo quasi nulla sulla figlia di Jane, se non che Roman sa chi sia, e che Weller ci ha avuto a che fare a Berlino all’insaputa di Jane (ovviamente, perché dire la verità non piace a nessuno proprio), cosa che puntualmente lo stesso Roman non fa che usare per ricattarlo e fargli fare quello che vuole.

Mai parole furono più azzeccate. Ma Weller preferisce ascoltare Van Gogh (ma tipo chiamarlo col suo nome no?! Scusali Van, non sanno quello che fanno) invece della sua ex (che se è tale ci sarà anche un motivo dico io, non credi?!?).

In mezzo a tutto questo, se un minuto prima Jane pensa che Weller sia il suo lieto fine e tanto le basta, il minuto immediatamente dopo decide che è importante sapere come sta sua figlia così chiede al suo ex socio di aiutarla… GROSSI GUAI WELLER, GROSSI GUAI.

MOMENTI IMPROBABILI PARTE PRIMA

Weller che dice a Roman “quando ti vedo, ti uccido”, ma ahahahahhahahahhahah, mai riso tanto. Ti pare che Jane ti farà uccidere suo fratello? Seriamente, non sono tanto convinta che, di fronte alla posibilità, Jane sia in grado di farlo davvero. Certo, dipende da come si metteranno le cose, ma a parte questo, non ci provare neanche, Roman non si tocca. È uno psicopatico, lo so, ma cosa devo dirvi, è  adorabile.

MOMENTI IMPROBABILI PARTE SECONDA

Jane ha tagliato i capelli e nessuno lo nota, noi ovviamente sì, ma mi chiedo, dovremmo far finta di nulla? Cioè, davvero nessuno le chiede come mai abbia deciso di tornare al suo vecchio look? 

Rick.com quando c’è fa la differenza, inutile negarlo: non mi stancherò mai di dirlo, con lui in scena la puntata è dinamica, divertente e (incredibilmente) adesso sappiamo che Rick è anche dispensatore di perle di saggezza. Cosa si può volere di più?!!

2. Hirst e il suo essere una persona brutta-brutta, brutta in modo assurdo. Ok, ormai il mistero dell’omicidio di Stuart è svelato, si gioca a carte scoperte e sembra essere più difficile di quanto si potesse pensare. D’altronde Weller la considera una delle donne più pericolose d’America e non a torto: sembra avere contatti e tentacoli avvinghiati attorno a ogni cosa che le consentono di essere un passo avanti a Weller & Co.

Diciamo che chi ci rimette direttamente è Reade, il quale viene continuamente minacciato e ricattato, adesso con ripercussioni anche sul team visto che la Direttrice vuole che Tasha venga rimossa dal suo incarico e rispedita al mittente (la CIA in questo caso). Come reagirà Reade? Riuscirà a trovare il coraggio e tenerle testa? Parlo di coraggio perché la scaltrezza non gli manca, o almeno non gli mancava… vedremo, sicuramente avrà tutti dalla sua parte, Patterson in prima linea visto che sono convinta che ora la sua missione sarà quella di abbattere l’arpia (Hirst).

3. Roman e il suo piano incomprensibile ma che ti porta a shipparlo in tutti i luoghi, in tutti i laghi (a no, questa non c’entra), insomma, io lo shippo già con Blake, e lo so che non dovrei ma sono dolcissimi. E lei finirà malissimo, è chiaro, ma per ora me li godo!

MOMENTI IMPROBABILI PARTE TERZA

Quando hai 4 minuti di tempo per salvare l’umanità e niente, quei 4 minuti sono LUNGHISSIMI e ci riesci. Fa già ridere così.

Infine vorrei spendere una parola per un’altra ship in cui onestamente adesso inizio a credere (e sperare):

Sono davvero molto carini, la nuova fidanza di Reade è già in archivio in pratica e Tasha oserei dire che è innamorata, anche lei non avrebbe mai voluto che accadesse.

BONUS

Avete notato che anche quest’anno gli autori hanno creato dei titoli con all’interno dei codici? Ebbene, ecco a noi: ogni episodio contiene una lettera in mezzo a due uguali, e quella lettera è quella da considerare per la frase in codice!

Episodio1: back tO the grind

Episodio2: eNemy bag of tricks

Episodio3: upsidE down craft

Episodio4: gunplay ricOchet

Episodio5: this proFound legacy

Episodio6: adoring sUspect

Episodio7: fix my preSent havoc

Episodio8: city folk under Wraps

Episodio9: hot burnIng flames

Episodio10: baLance of might

Episodio11: technoLogy wizards

Episodio12: two leGendary chums

Episodio13: warnIng slot

Episodio14: eVerlasting

Episodio15: dEductions

Episodio16: artful dOdge

ONE OF US WILL GIVE O…

Idee su cosa potrà dare uno di loro?!?

Vi lascio con il promo del prossimo episodio, winter finale appunto, intitolato “City Folk Under Wraps:

 


Once Upon a Time 7×10 – Un winter finale chiarificatore ma frettoloso

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Direi che il titolo dell’articolo riassume già tutto il mio pensiero su quest’ultimo episodio prima della pausa invernale (che si protrarrà fino a inizio marzo!), che ho trovato un po’ altalenante a livello di trama, soprattutto rispetto al veramente buon episodio precedente. La puntata a mio parere porta comunque a casa la piena sufficienza perché ben recitata (centrali sono Lana Parrilla e il ritorno in pompa magna della meravigliosa Rebecca Mader) e grazie a qualche trovata tutto sommato intrigante, ma mi è dispiaciuto che la risoluzione a molti dei dubbi che ci trasciniamo dietro dall’inizio sia stata buttata lì in maniera un po’ troppo raffazzonata.
Vi dico comunque di più e più nel dettaglio riguardo il mid-season finale “The Eight Witch” nell’audio-recensione che trovate qui di seguito:

Per il download della traccia audio, cliccate QUI.

Top 3 della settimana:

  • Il super-cute Henry in ospedale con Lucy;

  • Hook che offre a Ella l’elefantino, rinunciando di fatto alla propria possibilità di rimanere accanto ad Alice (e ricordare chi lei sia);
  • L’accoppiata spaccaculi Regina/Zelena, sia nei flashback che nel presente (anche se poi di fatto nel passato non riescono a risolvere la situazione, ma sento buone vibrazioni per adesso… anche perché la stagione deve avere un happy ending, no? Altrimenti che razza di storia da canale disneyano sarebbe?).

Bonus: Zelena che riacquista la memoria è priceless!

Come dicevo anche nell’audio, sono curiosa non solo di sapere i vostri pareri sull’episodio e su questa prima metà di stagione in generale, che potete scrivermi come sempre qui sotto nella sezione commenti, ma questa settimana vi chiedo anche la vostra opinione sul formato delle audio-recensioni che abbiamo lanciato ultimamente per provare a venire incontro anche a chi di voi ci segue spesso da mobile: vi trovate più comodi ad ascoltare o continuate a preferire leggere recensioni classiche? Vi lascio un sondaggio per farci sapere la vostra in proposito, in modo da adattarci per il ritorno di Once ad anno nuovo.

Note: There is a poll embedded within this post, please visit the site to participate in this post's poll.

Grazie per aver seguito con me la prima parte di questa settima stagione che sta dividendo pesantemente il pubblico, ma nonostante questo e nonostante la lunga pausa spero di ritrovarvi numerosi per la 7×11 che andrà in onda il 2 marzo! E per far passare più in fretta questo hiatus vi ricordo che le pagine dei nostri amici di

Once Upon a Time Official Fan Club Italia
You’re not a villain, you’re my mom ღ

sfornano contenuti quotidianamente per rimanere sempre aggiornati con news sullo show, i suoi interpreti e molto altro ancora.
Buone Feste a tutti!

Marvel’s Agents of S.H.I.E.L.D. 5×04 – Un Futuro da costruire o da confermare?

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Sapete cosa odio di più delle oscure profezie che incombono costantemente nelle migliori storie sci-fi? Che si avverano, ogni volta. E l’aspetto paradossale di ognuna di esse è che, alla fine della storia, siamo sempre noi a farle avverare, a far realizzare esattamente quello scenario che più ci spaventa ed è quasi terrificante notare quanto in realtà non ce ne rendiamo neanche conto mentre lo facciamo. Nella terza stagione della serie, quando Daisy, influenzata da un altro potere Inumano, ottiene una visione di un futuro che si sarebbe avverato da lì a breve, Fitz prova a spiegare a un “pubblico” fortemente confuso quanto in realtà il futuro non esista nella sua accezione comunemente conosciuta, ossia come un flusso in divenire su cui poter influire, ma sia invece una realtà già definita e immutabile che semplicemente non riusciamo a vedere perché appartenente a un “piano d’esistenza” diverso dal nostro, ma già formato e fermo nella sua concretezza, un momento che dobbiamo e possiamo solo raggiungere, senza combatterlo o cercare di cambiarlo. Richiamo quindi ora questa scena perché adesso gli agenti dello S.H.I.E.L.D. stanno vivendo quel futuro che non possono cambiare, il loro futuro, e stanno anche realizzando una serie di previsioni di cui erano inconsapevoli protagonisti, diventando giorno dopo giorno le persone che quel mondo apocalittico e distopico in cui sono immersi si aspetta che loro siano.

Se la profezia propriamente detta che aleggia sulla serie al momento riguarda in realtà la venuta del team dal passato e Daisy e il suo essere riconosciuta come “Destroyer of Worlds”, chi appare come la prima autentica vittima di un indotto confirmation bias è proprio colui che più cercava di restare ancorato alla propria personalità e al modo di pensare e agire che lo caratterizzava nel suo presente, vale a dire Mack. Già nel precedente episodio infatti, Mack sembrava intenzionato a distaccarsi in parte dalle decisioni del team e dai compromessi a cui tutti loro sembrano disposti a scendere pur di sopravvivere in una realtà in cui proprio la sopravvivenza è in fondo l’unico traguardo raggiungibile a fine giornata. La sua moralità, la sua netta distinzione di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, nonostante abbia accettato da tempo di vivere una quotidianità spesso sfumata, sono colonne portanti della sua personalità a cui Mack non è disposto a rinunciare, portandolo a volte anche ad allontanarsi dalle persone a lui più vicine. In realtà però, mai come in questo episodio, si è evidenziato quanto questa tenacia di restare aggrappato ai suoi sistemi di valori primari sia per Mack una maschera, o meglio uno scudo dietro cui nascondersi per proteggere tutte quelle fragilità che, se rivelate, potrebbero mostrargli una persona che non gli piace e con cui invece è costretto a convivere. Nell’estremo tentativo di dimostrare a Grill e a se stesso di non appartenere a quel mondo di mercenari senza scrupoli e di non aver bisogno di cambiare se stesso al fine di sopravvivere, Mack si ritrova senza nemmeno rendersene conto a percorrere esattamente la strada su cui Grill lo aveva immesso e con le stesse modalità con cui lui voleva che Mack la percorresse, e questo perché gli è bastato il confronto con un padre la cui unica colpa era stata quella di volere una famiglia per far crollare inesorabilmente tutte le sue deboli certezze, facendo tornare a galla prepotentemente i sensi di colpa, i dubbi laceranti e l’evidente PTSD che lo caratterizza in seguito all’esperienza del Framework, che su di lui ebbe effetti devastanti. In questo episodio, in questo scenario che tanto respingeva, Mack ha dovuto per la prima volta guardare nello specchio e ritrovare quel riflesso che più lo spaventava, lasciando andare ogni convinzione morale e abbandonandosi al timore di essere soltanto la “bestia” che Grill vede in lui. La verità però è che proprio nel momento in cui lui si vede nel suo aspetto peggiore, Mack semplicemente dimostra la sua parte migliore: come gli ricorda Elana, Mack era davvero un padre fantastico, perché ha amato intensamente sua figlia finché ha potuto e poi ha continuato ad amare anche il suo ricordo, l’idea di lei che aveva custodito nella sua mente, e un uomo capace di un tale amore è un uomo che merita di perdonarsi. Ho amato particolarmente il contributo di Elena in questo contesto poiché tante volte mi sembra che le sue parole quasi non bastino a Mack per convincersi ad andare avanti e allora lei fa l’unica cosa che le resta: rimane al suo fianco tenendogli la mano e aspettando che lui sia pronto a perdonarsi.

Finalmente riuniti, i percorsi di Jemma e Daisy confluiscono ora in un’unica storyline, facendo proseguire la vicenda e aprendo nuove e affascinanti finestre sul mondo di Kasius. In primis, vorrei sottolineare quanto abbia apprezzato l’inserimento nella storia del secondo Inumano alla mercé del leader Kree, il telepatico Ben, un personaggio dal potenziale ancora sfruttabile e che sembra abbia già trovato un’ottima sintonia con Daisy nonostante all’inizio fosse “destinato” a scontrarsi con lei nell’arena di Kasius. Il potere della telepatia di Ben proietta sulle scene di Daisy & Jemma un eloquente silenzio, permettendo un gioco di sguardi tra le due donne che riesce a tradurre per entrambe una vasta gamma di emozioni e soprattutto di pensieri che sembrano quasi sul punto di essere letti a occhio nudo. Nonostante il legame che le unisce traspaia evidentemente anche senza alcun contatto o scambio verbale, Daisy e Jemma cercano di mantenere una relativa razionalità di fronte alle indagini di Kasius [compito ben più difficile da portare a termine per Daisy, che è ancora l’unica della squadra a credere di correre per 100m anziché per una maratona], sperando quasi che l’una possa leggere la mente dell’altra e sostenere la sua versione per salvarsi a vicenda.

Il rapporto tra Daisy & Jemma è uno degli aspetti a cui sono più legata nella serie e per quanto le loro dimostrazioni d’affetto siano ridimensionate a causa anche dei tanti eventi traumatici che in parte le hanno cambiate, l’amicizia tra le due donne è diventata, se possibile, ancora più forte in seguito all’invasione dei LMD e del Framework, diventando così quella leva che Kasius in questo frangente utilizza per rabbonire Daisy e piegarla al suo volere.

Proprio da questo punto di vista quindi viene mostrato un altro lato della personalità del Kree che se non è il villain più d’impatto che questa serie abbia avuto, è per me certamente il più psicologico. Kasius è un “re” alla guida di un piccolo regno che lui stesso disprezza e poiché è figlio di una specie che aborre le imperfezioni, non riesce di certo a gioire della sua condizione di potere sulla restante umanità e sulla razza ibrida di Inumani che adesso vengono analizzati e venduti. Nonostante tutto riesce a plasmare la realtà a suo piacimento, controllando ogni singolo aspetto di essa, dal profitto costante al controllo delle nascite, ormai gestito esclusivamente in laboratorio e immesso proprio in un parallelo giro di affari [in cui rientrava proprio la storyline di Mack e Gunner]. La particolarità di questo villain sta dunque, per me, nel capitalismo estremamente umano che egli ha ricavato da una creazione che disprezza, un capitalismo che diventa per lui una via di fuga da una prigione “dorata”.

Ancora troppo sullo sfondo mi appaiono invece Coulson & May, sempre aggrappati alla convinzione che le ricerche di Virgil e di chiunque sia sopravvissuto su ciò che resta della superficie terrestre nascondano la chiave per tornare a casa nel presente. Ho apprezzato però che la loro strada si sia incrociata con quella di Deke, prontamente smascherato per le sue bugie e i suoi inganni. L’aspetto che più non riesco ad inquadrare di questa new entry non è tanto il “tradimento” ai danni di Daisy, considerato il passato e la scuola di Ward, ma la sua ostinata ambiguità. Deke non ha punti fermi, non ha lealtà o una personalità definita secondo me, la sua storia sicuramente lo ha reso cinico più del dovuto, ma in confronto a Tess, che sembra avere ancora delle credenze, Deke è un’incognita vuota al momento, una variabile che non ha ancora deciso da che parte stare.

Il finale dell’episodio è il chiaro esempio di quanto questa serie riesca ancora a farti cadere la mascella sul pavimento, riportando improvvisamente in gioco il volto che più ci mancava. E parlo di “volto” perché la domanda adesso sorge spontanea: l’uomo sotto la maschera, l’ospite dell’asta di Kasius, è davvero il “nostro” Fitz o la teorie del multi-universo verrà effettivamente confermata?

Con questo dilemma, vi lascio alla TOP 3 dei momenti migliori dell’episodio e vi do appuntamento alla prossima recensione!

  • Mack confessa davanti ad Elena i suoi sensi di colpa e la paura di essere esattamente ciò che Grill vede in lui;
  • Ben traduce i pensieri di Daisy per Jemma;
  • Fitz si mostra apertamente all’asta di Kasius;

 

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Clark Gregg Son of Coul

Shameless 8×07 – Lip: Operazione Tata

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Cari Telefilm Addicted ci avviciniamo a Natale e in teoria dovremmo essere tutti più buoni, però mi dispiace ammettere che l’istinto irrefrenabile di prendere Ian a mazzate sui denti mi ha accompagnato per quasi tutta la puntata. Mi dispiace fondamentalmente perché Ian non mi aveva mai suscitato sentimenti di questo tipo e perché le sue azioni sono state infantili e senza senso, come mai mi sarei aspettata dal suo personaggio. Fiona ha cercato in tutti i modi di non ribattere alle sue provocazioni, di non cedere a questa guerra da bambini dell’asilo e alla fine ha avuto comunque una reazione matura e accondiscendente, mettendoci addirittura la faccia per un nuovo possibile contratto per il rifugio (quando io a un certo punto avrei chiamato la polizia e li avrei fatti cacciare tutti per atti vandalici).

Mi veniva da chiedere dove fosse finita la sua bussola morale quando cercava di far perdere tutto a SUA SORELLA. Considerando poi che, come detto nella scorsa recensione, l’unico così intestardito sulla questione della chiesa era proprio Ian; ai ragazzi è bastata la promessa di una pizza e di qualche spicciolo per levare le tende ed Eliot era contrario a tutta la faccenda, dal momento che si trattava di un semplice sfruttamento dei ragazzi che comunque non ne avrebbero ricavato nulla (a differenza dell’intervento di Fiona). Fiona si è comportata da donna matura, ormai a questo punto era impossibile non schierarsi dalla sua parte. Mi è piaciuto soprattutto che, nonostante le sue azioni, abbia cercato a più riprese il dialogo con il fratello, sforzandosi di capire il perché di quell’accanimento. Ian non ha voluto dare spiegazioni, ma di certo non si può dire che Fiona non abbia tentato – e ripensando alla questione con Debbie sulla sua gravidanza, al fatto che non volesse cedere minimamente nella sua posizione, nemmeno per parlarne, ci fa capire quanto sia effettivamente maturata nell’arco di queste due stagioni.


Sul finale ovviamente i miei sentimenti per Ian sono cambiati, perché mi è impossibile restare arrabbiata di fronte a due occhi così tristi. Quello della chiesa è stato chiaramente un accanimento futile che ha radici più profonde, che suppongo siano legate ancora alla morte di Monica (piuttosto che a una ricaduta nel suo stato maniacale). Nessuno ha veramente capito quanto la perdita della madre abbia influito su di lui e credo che, essendo l’unico a nutrire questo tipo di sentimenti per Monica, abbia poi rinunciato a esternarli. A meno che non ci sia un problema ancora più grave alla base, che dovremo aspettare di scoprire al ritorno dalla pausa natalizia.

Lip sta avendo la storyline che apprezzo di più. A prescindere dal mio affetto per questo personaggio, il suo percorso è quello più completo e meglio costruito, aggiungendo un pizzico in più di coinvolgimento emotivo rispetto all’altrettanto ben definita evoluzione di Fiona. Risalire dal baratro non può che suscitare empatia, ma il fatto che in questo percorso Lip continui a scontrarsi contro l’abbandono di quelli che dovevano essere i suoi pilastri d’appoggio fa ancora più tenerezza. Lo vediamo arrancare, affannarsi correndo come un pazzo da un problema all’altro per cercare di salvare la situazione, continuando comunque a restare sul pelo dell’acqua di quel desiderio matto di bere che lo corrode nell’anima. Prima Youens, poi Brad, poi di nuovo Youens: gli uomini che avevano creduto in lui, le figure paterne che si era scelto, si stanno sgretolando di fronte ai suoi occhi e si stanno riducendo a dei bambini che lui deve accudire, raddoppiandone il carico di responsabilità. È d’ispirazione vedere come Lip lotti non solo per se stesso, ma anche per i suoi mentori, però le parole del professore mi hanno fatto amaramente riflettere: il fatto che loro abbiano puntato su Lip non significa per forza che debba accadere anche il contrario; loro hanno visto del potenziale in lui (e a ragione, almeno fino a ora), hanno voluto dargli una seconda possibilità e anche più, ed è giusto che Lip ora la faccia fruttare, ma non è detto che per questo debba ricambiare; probabilmente Youens e Brad hanno già avuto tutto quello che a Lip viene offerto ora e l’hanno gettato al vento, per cui è inutile “perdere tempo” con loro.

Mi piacerebbe che Lip, invece di vedersi come uno spreco di talento, tornasse a vedersi come un ragazzo pieno di possibilità in cui la gente crede; non per forza il suo successo deve essere legato a doppio filo a quello dei suoi mentori, perché dove loro stanno fallendo, lui può ancora uscire vincitore.

Sul resto, mi dispiace continuare a ripetermi, ma c’è poco da dire: parentesi divertenti e poco più. Carl e Debbie continuano le loro vite parallele con delle storie completamente avulse dal contesto – non mi annoiano ma di certo non portano nulla alla trama. Kevin e Veronica partiti alla grande per poi scemare nei soliti schemi; questa volta non si è nemmeno vista Svetlana, quindi la riproposizione del triangolo ha avuto per me ancora meno senso. Frank come previsto sta tornando alle vecchie abitudini: si è scontrato con la dura realtà del precariato e ha capito che la sua è stata solo una breve parentesi felice. È stato facile essere Saint Francis quando tutto andava liscio, ma ora la storia è cambiata. Sarà comunque interessante e, scommetto, esilarante vedere il nuove vecchio Frank in azione – dopo tutto, qualcosa di questo breve cambio di rotta dovrà pure essergli rimasto addosso.

Chiudiamo quindi con la TOP 3:

  • Il discorso fra Lip e Youens in prigione: un momento toccante e una grande prova per Jeremy Allen White.
  • La risoluzione di Fiona, per come ha gestito con maturità la faida con Ian e per come non si sia arresa e abbia cercato di capire le ragioni del fratello.
  • Per solidarietà, una menzione alla faccenda dei colloqui di lavoro – I feel you, Frank.

Rimangono ancora vagamente di contorno le figure si Sierra e Nessa, che, con mia somma sorpresa, sto riuscendo ad apprezzare davvero nonostante il suo viso mi evochi ancora fastidiosissimi ricordi – si sta dimostrando una buona amica per Fiona e francamente non mi dispiacerebbe vederla di più sullo schermo. E a proposito di nuovi volti: secondo voi il bel restauratore Ford potrebbe essere un papabile nuovo interesse amoroso di Fiona?

Per questa settimana è davvero tutto! Vi lascio con il promo della 8×08 e vi auguro Buon Natale!

In questa breve pausa non dimenticate di passare a controllare tutti gli aggiornamenti sul cast e sullo show dalla nostra pagina affiliata.

SHAMELESS US ITALIAN PAGE

Dynasty 1×09 – Merry Xmas, oh oh oh!

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Carissimi! Come promesso eccoci ritrovate, io (gnappies) e Syl, per commentare insieme quest’ultima puntata prima della pausa, puntata natalizia che ci ha portato palle tutte colorate attaccate al classico albero, e regali, regali e ancora regali all’insegna del trash.

Syl – Il midseason di Dynasty ci offre un’incredibile puntata in cui gli autori hanno preso qualsiasi cosa sia loro venuta in mente e l’hanno scaraventata contro ogni singolo componente della famiglia Carrington, divertendosi non poco a maltrattarli tutti! Non è magnifico?! Ho aspettato settimane per una puntata del genere, che finalmene mette il turbo a una storia fin qui decisamente tiepida sotto il profilo di twist e colpi bassi di un certo spessore.

A un certo punto è perfino sembrato che sotto Natale i drammi/intrighi/tiri mancini/gente che sembra buona e invece no e invece sì e poi boh, andassero via in saldo e quindi perché non approfittare?! Mettiamoci pure parenti serpenti, padri despoti di padri un po’ meno despoti, nemici mascherati da principi azzurri, balli caraibici, alberi di Natale tramortiti e il povero Anders a cercare di raccapezzarsi e portare un po’ di ordine. Di certo non ci siamo annoiati e mai più mi lamenterò che non succede niente di succulento.

Gnappies – una puntata davvero spumeggiante questo finale invernale, si capisce subito che ci sarà da divertirsi e infatti non rimaniamo delusi, affatto. C’è da dire che, poveraccio, Anders è l’unico che senta davvero lo spirito del Natale, e nonostante tutti i suoi sforzi per agghindare la casa, questa a fine puntata si ritrova come la stanza (d’albergo o che altro?) in cui nonno Carrington recupera Steven. Un disastro. Ma poi, chi accipicchia sarebbe Fred?!? Fred del passato di Steven, Fred il drogato che trascina e si fa trascinare da Steven in una spirale di droga, sesso e pianobar? Eccitante.

Syl – Quel lieve calore natalizio introdotto dalla scena iniziale (adoro le scene iniziali di questo telefilm) e dal comitato di benvenuto in rapido accrescimento, un momento tutto sommato carino e con un suo perché comico, è stato messo velocemente da parte, grazie a una raffica di rivelazioni sconvolgenti, al ritmo di una al secondo.

Gnappies – La scena d’attesa sulla porta di casa mi ha fatta schiattare dal ridere, ma seriamente qualcuno starebbe lì x tempo ad aspettare un ospite? Ma tipo non avete altro da fare?!? Fallon la migliore, la sua espressione è sempre TOP, della serie “vi sopporto solo perché devo”. E comunque, diffidare sempre da chi arriva col soprabito. Soprabito significa cose da nascondere, come la personalità per esempio.


Syl – Trame che in una soap opera potrebbero far tirare avanti anni, qui sono apparse e scomparse nel giro di mezza puntata: Iris è l’acqua cheta che distrugge i ponti e non il cerbiatto indifeso da salvare, e finalmente siamo arrivati al cuore di tutti i segreti che Cristal ha tenuto nascosti (“No more secrets“, ve lo ricordate? AHAH) e Blake , dopo aver sorvolato su tutto, pensa bene in questa occasione di prendersela a morte con sua moglie. Capisco che un (non) omicidio non sia facile da mandare giù, ma difendere tua sorella vittima di una relazione abusiva è parente della legittima difesa, così a occhio. Apprezzabile però che Cristal abbia finalmente deciso di fare la persona adulta e affrontare il suo passato. Vorrei sperare che i segreti non siano finiti, però!
Non manca un picco del trash che tanto ci era mancato negli ultimi episodi e che ci fa chiudere in bellezza il 2017.

Gnappies – Il mio non-amore per il passato/non-passato di Crystal è ormai cosa nota, obiettivamente è quasi peggio de “Il Segreto”, e faccio fatica a reggere tutto il dramma venezuelano, anche perché è tutto e l’opposto di tutto porco zio. MA BASTA, cambiamo capitolo e ci concentriamo su altro? No, visto che adesso il non morto è arrivato alla Carrington… chiamato da Blake consapevolmente o no? Io spero di sì, perché almeno una volta deve pur essere un passo avanti alla moglie. E che cavolo. In più sputo due rospi:

1. il vestito di Crystal è MERAVIGLIOSAMENTE MERAVIGLIOSO. La scena del ballo è super HOT, e Sam potrebbe essere benissimo suo fratello, o ragazzo (nella fattispecie il mio)… e figlio? A me non sembra proprio… anche se il sospetto mi viene perché mi sa tanto che la storia dell’aver ammazzato il padre del ragazzo potrebbe anche essere una cahata pazzesca. Non so voi ma io quasi quasi ci credo…

2. Crystal espressiva come l’Oliver Queen di Amell: passione o tristezza, il 2×1 non passa mai di moda.

E come non parlare del PC-Carrington acceso senza protezione alcuna e accessibile a tutti anche all’ultima arrivata che dovrebbe essere una scappata di casa e invece è una novella 007 in gonnella?! Roba che pure il cane-renna è allibito. RABBRIVIDIAMO. Chissà che trama meravigliosamente trash ci aspetta.

Syl – Jeff Colby ha finalmente un ruolo molto, molto più interessante del noiosissimo cavaliere senza macchia e senza paura, zerbino di Fallon. Io sono sempre stata più a favore dell’autista, per quanto un filo moralizzatore, quindi accolgo con molta gioia la rivelazione del dark side di Jeff. Che non solo ci presenta un voltafaccia su cui scherzerei poco, fossi uno dei fratelli Carrington, ma che, soprattutto, facendo l’amicone inoffensivo e solidale, è praticamente al corrente di tutti i segreti della famiglia (che era il suo scopo primario). Questo accade proprio mentre Fallon decide di fare la persona adulta e concedersi la possibilità di una relazione più paritaria. Go, Fallon! Ottimo tempismo! (Quella compilation era comunque da latte alle ginocchia, Jeff in versione fluffosa non si reggeva).


E quindi Blake Carrington era l’amante di Mrs Colby? E cosa mi rappresentano adesso Monica e autista insieme?

Non mi è esattamente chiaro cosa stia facendo Steven e perché d’un tratto abbia subito una regressione da fulcro morale della famiglia a mina vagante impazzita di cui ignoro scopi e intenti.

Gnappies – Questa svolta da mega-stronza di Jeff mi ha lasciata tipo da urlo di Munch, ovviamente scherzo. Ma chi l’avrebbe mai detto?!? Era telefonata più di una delle tante morti di Taylor in Beautiful, MA onestamente mi piace perché ha il potenziale per scriverci sopra un bel po’ di trash-drama: Fallon tradita ma sarà un passo avanti a tutti e avrà già messo insieme i pezzi (mica è scema), Monica che fa la gatta morta con Michael rientra nei piani (dei Colby) per lasciare Fallon sola come un cane ma ehi, amicici, lo sapete che le regine cadono sempre in piedi? Vi calpesterà con il suo sacco 12.

Riguardo a Steven stendo un velo pietoso perché il passaggio dalle stelle alle stalle è stato più rapido di uno starnuto, e questo mi fa veramente molto incaxxare perché va bene che aver scoperto di aver (involontariamente) ucciso qualcuno può essere mentalmente destabilizzante ma così mi pare troppo da psico recidivo.

Top: Syl – il cameratismo in rapida crescita tra Anders e Cristal, ormai lanciato a vele spiegate, uniti loro malgrado per proteggere la famiglia Carrington da nemici che si ostinano a ospitare in casa. Perché naturalmente sei un milionario e le informazioni sul tuo computer sono accessibili a chiunque passi di lì e nessuno si accorge tranne il cane (WTF?!). Blake è alternativamente un magnate con grande fiuto affaristico e il primo pirla di casa sua.

Gnappies – Mi permetto di dissentire, loro sono davvero quasi affiatati, ma Anders è scaltro come una faina e Crystal se la deve mangiare, è troppo una piangina-falsa (cameratismo è ora che tu sparisca). Insopportabile. Momento TOP per me è la scena iniziale dell’accoglienza, con la battuta e le facce di Fallon: MITICA e reale.

Flop: Syl – nonno Carrington in libera uscita dal centro diurno anziani. L’ho trovato noiosissimo. In parte perché aspetto con grande ansia l’entrata trionfale della prima moglie di Blake, e poi perché è stato talmente fuori luogo, razzista e petulante da irritare perfino Fallon. Sì, capisco l’intento di mostrarci la catena di dominio patriarcale che passa di generazione in generazione, ammorbidendosi in Blake in versione più dandy e meno minatore del Klondike, ma è stato tutto molto fiacco. Ne avremmo fatto benissimo a meno, grazie.

Gnappies – NOOOOOOOOO! Ma dai! Ho adorato Thomas Carrington, nonnino poco nonnino che minaccia la qualunque, e che è un razzista per niente pentito, il che è anche molto contestualizzato al suo ruolo in questa famiglia quindi per me ci sta alla grande, vede gli extracomunitari come risorse da sfruttare, una cosa terribile ovviamente, ma le sue battute sono esilaranti (e visti i drammi delle due care sorelle venezuelane qualche domanda per fortuna inizia a farsela anche Blake…). Comunque il caro nonno è uno stronzo e che deve evolversi, come giustamente gli fa presente Fallon, perché i tempi cambiano e bla bla bla, ma devo dire che la sua presenza ha dato verve alla puntata, perciò lo si ama. Momento FLOP per me Blake che fa la morale a Crystal, ma LOL, sei serio? RIPIGLIATI, riattiva il cervello perché davvero non ci siamo.

PS. se quel cane potesse parlare chissà quanto avrebbe da dire…

Ci vediamo a gennaio!

 

 

Doctor Who Christmas Special – Addio, Dottore, e Benvenuto

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“Letting go of the Doctor is so, so hard”

Sono folle. Devo esserlo o tutto questo non avrà spiegazione. Sono folle perché mi riprometto di non farlo più, di non amare più una storia destinata a finire, un personaggio destinato a lasciarmi, una canzone destinata a concludersi, e puntualmente invece ci ricado e ogni volta spero che finisca diversamente, o meglio, spero che non finisca mai. Perché Bill ha ragione, l’aspetto peggiore dell’incontrare il Dottore è lasciarlo andare, lasciarlo andare non è difficile, è impossibile. “Impossibile”, come ciò che ho pensato la prima volta che ho guardato questa serie che mi appariva totalmente fuori dal mondo, “Impossibile” come il modo in cui lentamente entrava di prepotenza nella mia vita di tutti i giorni, “Impossibile” come la ragazza che si è fatta largo nella mia testa e non è più andata via, “Impossibile” come credere di poter donare una parte di me a un altro volto del Dottore dopo il primo che mi aveva travolto. Il Dottore, il MIO Dottore, con questo volto, è impossibile per me: da dimenticare, da descrivere, da lasciar andare. Eppure “Twice Upon A Timeè un addio, uno di quelli che non puoi fermare nonostante ci provi con tutte le forze, un addio di quelli che lasciano il segno perché ad andar via questa volta non è soltanto un interprete ma un’idea, un sogno custodito gelosamente da un bambino di sei anni, un modo di intendere e vedere una storia, una volontà di realizzare questa storia e di diventare un tramite tra la parola scritta e quella pronunciata e infine una possibilità di tradurre in musica tutte le parole taciute, tutti i ricordi che non sono diventati storie.

Steven Moffat porta via con sé la dedizione dedicata a una storia per cui c’è sempre stato e che ha reso propria quando “sua” ancora non lo era del tutto; porta con sé il compagno che è stato costantemente al suo fianco, la sua perfetta metà creativa; porta con sé la scena e la musica, i protagonisti che hanno permesso ai suoi pensieri di prendere vita anche senza l’ausilio delle parole; e infine Moffat porta via con sé il SUO Dottore, quello che non avrebbe mai potuto cambiare, quello che sembra quasi aver realizzato i suoi sogni più reconditi, quello a cui ha donato tutto e che gli ha restituito tutto in cambio. Steven Moffat è riuscito lì dove una parte di me non riuscirà mai: ha lasciato andare il Dottore, il suo mondo, il suo palcoscenico, e lo ha fatto portando in scena il suo ultimo atto straordinario e poi congedandosi nell’ombra, mano nella mano con una vecchia amica, o meglio, una “vecchia Companion”.

 

“That’s what it means being the Doctor of war”

“Twice Upon A Time” mi appare ora come un dialogo, dal principio all’epilogo, un dialogo dalle sfumature oserei dire quasi teatrali ma soprattutto un dialogo che il Dottore intavola sul limitare della sua esistenza con l’unico interlocutore che possa davvero capirlo, l’unico in grado di ascoltare le sue paure e i suoi dubbi, di scoprirne i tormenti e i dilemmi, di leggere e interpretare i suoi pensieri più celati, quelli che più lo terrorizzano e lo avviliscono, lasciandolo solo su un campo di battaglia troppo stanco per continuare a combattere. Il Dottore quindi si confessa, a volte con strazianti silenzi, a volte con parole colme di rabbia, e infine con stoica accettazione, e lo fa davanti all’unica persona che lo conosce totalmente e riesce ad ascoltare i suoi timori più radicati e ad affrontare i suoi demoni più feroci, il suo miglior amico e il suo peggior nemico: semplicemente se stesso, chi è stato e chiunque diverrà.

Ho sempre creduto che il Dodicesimo Dottore racchiudesse in sé caratteri quasi antitetici, che sapesse essere “uno e centomila”: se stesso, in un’individualità a volte così estrema da renderlo quasi un uomo a parte, un personaggio completamente diverso e distante da coloro che l’hanno preceduto,  e “tutti”, una personalità che non vive sola ma in perfetta armonia con tutte le sue anime, un “personaggio in cerca d’autore” che si lascia alle spalle anche il suo scrittore e vive sospeso come un ideale, un messaggio, un eroe di cui l’universo avrà sempre bisogno. Twelve è sempre stato caratterizzato come un punto d’incontro, secondo me, tra ciò che è quasi chiamato ad essere in quanto Dottore e ciò che invece lui ha scelto di diventare, formandosi giorno dopo giorno e affermandosi come colui che fa ammenda e si definisce tramite le sue scelte e le sue decisioni, “Who I am is where I stand. Where I stand is where I fall”. Ed è esattamente in questa caratterizzazione che si inserisce a mio parere la figura del Primo Dottore, “the original you might say”, un Dottore che diventa per Twelve contemporaneamente il riflesso di ciò che è e di ciò che non vuole essere, un Dottore che non potrebbe essere più distante e diverso da lui e che, quasi come un crudele scherzo del destino, non potrebbe essere più simile, nella determinazione, nella paura, nel costante interrogarsi per soddisfare un insaziabile bisogno di sapere, quel bisogno che l’ha spinto a fuggire la prima volta e per cui non ha mai smesso di correre.

Il confronto tra il Primo e il Dodicesimo Dottore è uno spettacolo che viene messo in scena su più livelli, un dialogo, come ho anticipato, che si articola con sfumature a volte paradossali e a volte perfettamente normali, proprio a seconda delle diverse frequenze su cui si muovono le due voci. I due Dottori si ritrovano per la prima volta alla fine dei loro percorsi individuali e all’inizio di quello che invece sono destinati a compiere insieme, in un vortice di colori e luci fredde e tenui che travolgono e riempiono il Polo Sud, in un tempo che si ferma solo per loro, costringendoli ad affrontare la verità da cui entrambi sono in fuga ma concedendo loro anche un’ultima avventura che riporti ordine nella loro essenza più autentica, nel significato più profondo della loro esistenza.

I have the courage and the right to live and to die as myself”, il Primo e il Dodicesimo Dottore rifiutano categoricamente ciò che l’uomo ordinario ricerca per tutta la vita: un modo per sopravvivere, per andare avanti, per sconfiggere la morte e avere una seconda possibilità di lasciare un segno, ed entrambi i Dottori alimentano questo rifiuto con una stessa paura che si carica però di ragioni differenti. Il Primo Dottore ha paura dell’ignoto, paura di cambiare e diventare una persona che non riconosce e non accetta, paura di perdere se stesso e la sicurezza che lo rende così deciso, paura di un futuro che sa bene essere solo all’inizio; il Dodicesimo Dottore è spaventato invece dal suo passato, da tutto ciò che ha già vissuto, amato e perso, da tutte le volte che ha ricominciato da capo, da tutti quei volti che ricorda e sente ancora dentro di sé ma che ora lo sfiniscono perché più va avanti più diventano un fardello impossibile da sopportare. Twelve è stanco, stanco di dover ricominciare a conoscersi, stanco di tutti quei demoni che lo raggiungono ad ogni rigenerazione, stanco di ripartire e iniziare un nuovo viaggio proprio quando credeva di essere arrivato al traguardo. Credo però che vedere il riflesso delle sue stesse paure nel suo primo volto sia stato il primo momento in cui inconsciamente Twelve ha cominciato a fare pace con l’idea di dover andare avanti, di rigenerarsi, perché se non l’avesse fatto la prima volta, se il Primo Dottore non avesse infine scelto di abbracciare il suo destino e la sua natura, lo avrebbe privato di quel futuro che ora sta vivendo, di quel Dottore di cui ora è così fiero da non volerlo perdere, ed è la stessa possibilità che ora Twelve sta invece negando a chi verrà dopo, a quella parte di sé che non conosce ma che esattamente come lui vuole soltanto avere l’occasione di essere IL DOTTORE.

Il confronto tra i due Dottori dunque è un duello che appare quasi generazionale e credo che proprio per questo sia stato visto e letto sotto una luce a mio parere sbagliata. Lungi da me dover sempre difendere a spada tratta l’operato di uno scrittore che ammiro e stimo come pochi, penso onestamente che non solo le accuse rivolte alla sua personale caratterizzazione del Primo Dottore siano fondamentalmente esagerate ma temo anche che questa crociata abbia fatto perdere di vista il vero significato di questa presenza. Contestualmente parlando infatti, per quanto il Dottore, essendo un Signore del Tempo, esuli spesso dai dibattiti prettamente umani su società, razza e genere, non va comunque ignorata una realtà che esiste anche per il Dottore, ossia quella generazionale, una realtà che non solo cambia con l’avanzare del tempo, anche per una specie evoluta che il Tempo lo modella a suo piacimento, ma che inevitabilmente viene influenzata costantemente dall’umanità e dal suo stile di vita e di pensiero, un’umanità a cui il Dottore è sempre molto vicino.

Il Primo Dottore di Hartnell, per quello che ho potuto constatare dalle storie che ho recuperato dell’era classica della serie, era comunque un Dottore estremamente diverso da quelli che abbiamo conosciuto a partire dal 2005 – e sembra anche stupido doverlo evidenziare – proprio perché appartenente a una generazione differente, a un tempo differente, era un Dottore spesso superbo, che non avrebbe mai ammesso che da giovane il suo migliore amico, il Maestro, era la sua “man crush”, che non avrebbe accettato facilmente di prendere “ordini” da una companion, che non era avvezzo alle consuetudini più moderne non soltanto degli uomini ma anche della sua stessa specie, considerando infatti spesso “sciocchezze” i modi di fare di sua nipote Susan. Per questo motivo i battibecchi che nascono tra lui e Twelve, i contrasti che sembrano stridere così tanto nella caratterizzazione di uno “stesso” personaggio vanno secondo me interpretati semplicemente per ciò che sono: tentativi a mio parere anche riusciti, seppure con un pizzico di esagerazione, di portare in scena innocue differenze innegabili, cercando di alleggerire il più possibile una storia che altrimenti sarebbe stata straziante oltre ogni limite e impossibile da affrontare per tutta la sua durata.


Ciò che dovrebbe rimanere di questo confronto, ciò che dovrebbe colpire del Primo Dottore di David Bradley è l’autenticità del personaggio nella sua caratterizzazione più intima, è la purezza di un dilemma e di una paura che il Dottore porta con sé in tutte le sue vite, è la perseveranza di una domanda a cui non troverà mai risposta ma che rappresenterà sempre il motore intrinseco della sua esistenza. Questo è ciò che riporta i due Dottori sulla stessa lunghezza d’onda, questo è ciò che è stato profondamente rispettato del personaggio, questo è ciò che li rende nuovamente “uno”, oltre tutte le evidenti differenze, oltre le vite distanti, oltre le generazioni: è la volontà di capire gli opposti primordiali, bene e male, il desiderio di scoprirne il funzionamento e la natura del loro eterno e sostanziale equilibrio, il bisogno di conoscere la loro essenza perché in quel momento il Dottore conoscerebbe finalmente anche la sua, essendo lui il volto di quell’equilibrio, lui il motivo per cui ad ogni torto corrisponde sempre una ragione.

That’s what it means being the Doctor of war” – Il Primo Dottore era apparso terrorizzato da questa definizione, da quello che sembrava dover essere il suo futuro e questo lo aveva convinto ancora di più della sua decisione di non cambiare ma è Twelve a risolvere forse in parte il suo interrogativo maggiore, a dissipare la sua paura più recondita e a mostrargli cosa il futuro gli riserva: un universo che a volte, grazie alle loro gesta, potrà essere migliore di quanto lui stesso immagini e speri. Il Primo e il Dodicesimo Dottore imparano, l’uno dall’altro, a riscoprirsi nella loro collettività oltre l’individualità, a capire di essere un modello, un ideale e non soltanto un singolo, ad accettare di essere “A Doctor” e non solo “THE Doctor”.

 

“Clara, be my pal, tell me: am I good man?”

E quando si parla di Twelve, quando si parla del MIO Dottore, non posso fare a meno di richiamare questa domanda, lui, che è stato il Dottore delle domande, ne fece una importante all’inizio della sua nuova vita e la pose all’unica persona di cui si fidava più di quanto certamente all’epoca si fidasse di se stesso. In molti hanno spesso appuntato quanto, rispetto alle precedenti stagioni, gli episodi dell’era di Peter Capaldi non abbiano mai avuto una reale storyline orizzontale, un filo conduttore che facesse da anello di congiunzione tra tutte le puntate. Ma alla fine della sua epoca, nell’episodio che segna il suo addio alla storia, io vi dico: guardatelo, guardate quel Dottore che lotta contro la sua stessa natura pur di non cambiare ancora, guardate quel percorso così tormentato e intenso che ha compiuto e ritrovatelo in lui il vostro filo conduttore perché Twelve è ciò che unisce queste tre stagioni, la sua evoluzione, la sua crescita, le persone che ha imparato ad amare, quelle che ha perso, quelle che non ha mai accettato di poter perdere, quelle che tornano da lui.

“Twice Upon A Time” rappresenta la sua perfetta “swan song”, rappresenta il Dodicesimo Dottore nella sua totalità, tutto ciò che è stato, tutto ciò che è, è un finale che racchiude tutte le volte in cui si è sorpreso, meravigliato, in cui ha imparato anche quando credeva di sapere, le volte in cui ha rimediato a un errore, tutte le scelte che lo hanno formato e che lo hanno reso il “good man” che disperatamente voleva diventare, che lo hanno reso il Dottore che più è cambiato e quello che adesso non vuole più farlo. Non è stato un caso per quanto mi riguarda riportare nella sua ultima storia un personaggio insolito e di passaggio come Rusty, il Dalek anomalo che odiava gli altri Dalek, il Dalek che ha guardato nell’animo del Dottore e ci ha visto la sua luce più accecante e le sue ombre più oscure. L’intero episodio infatti mi appare adesso come un autentico omaggio ad ogni fase dell’esistenza di Twelve: alla conoscenza dell’ottava stagione, alla paura irrazionale di perdere nella nona e infine alla realizzazione e all’accettazione di sé della decima, tutte le sfumature del Dodicesimo Dottore, tutti i passi compiuti nel suo percorso lo conducono ora sul ciglio della sua ultima battaglia, quella che non può perdere, quella che non vuole neanche affrontare. E per questo motivo, Twelve prova in ogni modo a ignorare il momento che incombe, prova a vivere a pieno il tempo che si è fermato e trova per se stesso un’altra missione, un altro obiettivo, pregando quasi che ci sia davvero un “cattivo” da affrontare lì fuori, che la Testimonianza abbia davvero un piano malvagio che soltanto lui può fermare e sconfiggere, perché questo è ciò che fa il Dottore e questo è ciò che lui vuole continuare ad essere, il Dottore “che salva le persone”, la ragione più profonda per cui ha scelto quel volto all’origine. Twelve non intende essere il Primo, non intende essere il “Doctor of War”, non intende emulare nessuna delle sue incarnazioni precedenti, il suo percorso si conclude qui perché lui, il Dodicesimo Dottore, è il traguardo che aveva inseguito per tanto, troppo tempo. Ma la mancanza di un effettivo nemico nell’episodio è solo l’ennesimo segnale che Twelve sceglie di non vedere perché questo non gli lascerebbe alcuna via di fuga.

L’immagine di Bill, i ricordi di Bill recuperati dalla Testimonianza arrivano a lui quasi come lo spirito del Natale Passato dickensiano, come ricordo di ciò che è stato e ha vissuto ma soprattutto come monito di ciò che ancora può essere se solo concedesse al suo futuro la stessa possibilità che il Primo Dottore ha concesso anche a lui, la possibilità di essere un Dottore. Bill diventa la sua guida, la voce che Twelve non vuole ascoltare e tantomeno riconoscere perché non è la “sua” Bill, perché accettare che lo sia significherebbe essere destinato a perderla di nuovo, significherebbe ammettere che abbia ragione, perché le sue companion hanno sempre avuto ragione e sono sempre state, almeno ai suoi occhi, la sua parte migliore.

Il Capitano Lethbridge-Stewart assume quindi le sembianze dello spirito del Natale Presente, è colui che permette al Dottore di guardare in faccia la morte nella sua ineluttabilità, di viverla, di capirla, di temerla e poi anche di abbracciarla con stoicismo quando si mostra in tutta la sua inevitabilità. Ma in realtà, ciò che il Capitano gli offre è l’ultima possibilità di Twelve di essere se stesso, di confermarsi nel Dottore che è diventato, il Dottore della gentilezza e delle vite salvate, anche solo per una volta, anche solo per il tempo di un giorno, il giorno di Natale. La storia della “Tregua di Natale” avvenuta nella Prima Guerra Mondiale è lo specchio della vita del Dodicesimo Dottore, è la speranza di cui ha sempre avuto bisogno per andare avanti, per definire il suo operato e la sua stessa persona, per rivedersi in quella parte di umanità che merita di essere salvata e che lo ispira a non dimenticare mai cosa significhi essere il Dottore. “Everyone was just kind” e di fronte alla desolazione di un campo di battaglia, Twelve ritrova la sua essenza, la natura della sua missione più profonda e la paura di poterla perdere quando morirà.

Ed è in quel momento allora che arriva l’unica luce di cui Twelve abbia mai avuto bisogno. Clara Oswald è lo spirito del Natale Futuro perché dona al Dottore la chiusura e la pace di cui aveva disperatamente bisogno per accettarlo il suo futuro, seppure in un’altra forma e un’altra vita. Ciò che mi ha colpito [e travolto, annientato, distrutto e riportato alla vita] di quel breve e fondamentale ultimo momento con la donna che più di chiunque altro ha definito e segnato la vita di Twelve è stato notare quanto, diversamente al suo modo di rapportarsi con l’immagine di Bill in questo episodio, il Dottore abbia accettato l’immagine di Clara come se lei fosse davvero davanti ai suoi occhi, perché non erano soltanto dei ricordi raccolti dalla Testimonianza, erano i SUOI ricordi che tornavano, era la sua Clara che ritornava nella sua testa, nei suoi pensieri, lì dov’è sempre stata, lì dove continuerà a custodirla perché non potrebbe più dimenticarla in quanto significherebbe dimenticare se stesso e il Dottore che Clara ha contribuito a formare. Clara Oswald gli appare ora come la più accecante delle allucinazioni, la carezza più dolce e la mano che ancora una volta lo spinge a rialzarsi e lo riporta a casa.

Il Dodicesimo Dottore torna nel TARDIS e affronta l’ultimo atto del suo dialogo con un interlocutore adesso silente, che lo ascolta e a cui lui lascia la sua lezione più importante, la sua eredità: tutto ciò che ha imparato e tutto ciò che è stato. Il Mio Dottore offre se stesso a chi verrà dopo, a chi ricomincerà da capo ma non da zero, a chi vivrà il suo tempo a modo proprio, nella speranza però che continui a ricordare, a fare ammenda, ad amare e ad essere gentile.

La regia introspettiva e straordinaria di Rachel Talalay è l’ultimo dono concesso al Dottore di Peter Capaldi, la cornice musicale di Murray Gold è l’inno trionfale che accompagna gli istanti finali della sua vita e le parole di Steven Moffat, quelle parole influenzate dallo stesso Capaldi, rappresentano la sua impronta indelebile e la sua anima più autentica. Peter Capaldi è stato il Dottore, “the best one, I might say”, la dodicesima ora è ormai conclusa e il Mio Dottore è finalmente pronto a lasciarsi andare.

Ed ecco che in un istante tutto cambia. E tutto ricomincia. Una nuova mente afferra le redini di una storia infinita, un nuovo volto prende possesso del TARDIS [o almeno ci prova, da quello che ho visto il TARDIS ha qualcosa da dire a riguardo …] e un nuovo Dottore è pronto ad entrare nella nostra vita. Personalmente sono pronta a donare a Jodie Whittaker tutta la stima, la passione e la dedizione che già le riservo da anni, tutto ciò di cui il suo Dottore avrà bisogno, tutto tranne quella parte di me che ormai non mi appartiene più e che è andata via con Steven Moffat, Peter Capaldi e Jenna Coleman.

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